Questa è la serata dell'ultimo dell'anno, e gran parte degli italiani sa già cosa aspettarsi: il classico cotechino con le lenticchie, il brindisi con lo spumante e, per i più temerari, i "botti di capodanno". Tra tutte queste tradizioni ormai profondamente radicate in ogni casa, trova spazio anche il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica che, come ogni 31 dicembre, farà i migliori auguri ad ogni italiano che si troverà davanti alla televisione in quel momento.

Quest'anno sarà il turno di Sergio Mattarella parlare dinanzi a milioni di telespettatori.

Prima era toccato a Giorgio Napolitano, ancor prima a Carlo Azeglio Ciampi e, tra i discorsi storici, non si può non menzionare quello di Sandro Pertini. Ma quando ha avuto inizio la tradizione del "discorso di fine anno?".

Una tradizione universale

Inutile a dirsi: l'Italia non è certo l'unico Paese che trasmette il discorso del Capo dello Stato sulla televisione nazionale. Risulta complicato risalire in tutto e per tutto all'introduzione di questa tradizione, da noi data ormai per scontata. Tuttavia, già agli inizi del '900 si trovano tracce storiche di questa consuetudine politica.

Con l'avvento della radio, l'esplosione mediatica portò almeno un trasmettitore in ogni casa, e l'intrattenimento si fece ben più ampio e variegato.

Tra messaggi pubblicitari e musica swing, si inserì anche il tradizionale discorso di Capodanno. Le prime fonti accreditate parlano di Re Giorgio V d'Inghilterra - nonno dell'attuale regina Elisabetta - come il primo Capo di Stato a parlare direttamente alla nazione il 25 dicembre del 1931. Manco a dirlo, il discorso del re fu un vero e proprio successo, raccogliendo ben 10 milioni di ascoltatori solo nel Regno Unito.

Malgrado le controversie iniziali e le critiche di politici interni alla corte di Giorgio V, i quali sostenevano che un discorso annuale avrebbe danneggiato l'importanza della figura del monarca in Inghilterra, già dal 1932 la classe dirigente dovette ricredersi, avendo ricevuto le congratulazioni per il "discorso natalizio" sia dalle nazioni aderenti al Commonwealth - quali Canada, Australia e India - sia da realtà esterne come Cina e Francia.

L'idea originale inglese funse da spunto anche per le altre nazioni europee ed extraeuropee. Tra i più degni di nota, i discorsi - stavolta tenutisi non più a Natale, bensì a Capodanno - di Franklin Delano Roosevelt nel 1941, del principe Bertil di Svezia nel 1943 e, andando più avanti nel tempo, quelli di Charles de Gaulle del 1963 e di Nelson Mandela del 1995. Fonti storiche testimoniano pure importanti discorsi di fine anno pronunciati da politici meno "democratici", quali Joseph Goebbels nel 1939, e Benito Mussolini nel 1942.

Discorso di fine anno "all'italiana"

Nella nostra penisola, come già detto, il primo politico a sfruttare la vastità delle reti radiofoniche fu Benito Mussolini, che già nel '42 pronunciò le prime parole d'augurio al popolo italiano.

Vi è da dire che il discorso del Duce fu in un certo qual modo casuale, siccome fu pronunciato a voce davanti ad una piazza affollata, per poi essere semplicemente registrato e trasmesso su alcune emittenti. Ben più celebri, però, restano le parole di personalità di forte rilievo nella storia della Prima Repubblica.

Il primo vero, ufficiale discorso rivolto a tutta la popolazione italiana fu quello del secondo Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, il 31 dicembre del 1949. Il suo predecessore, vista la tensione politica che in quel periodo imperversava lungo la penisola, preferì evitare di rivolgersi via radio. Andando avanti con gli anni, sempre Einaudi, nel 1954, sarebbe stato il protagonista del primo discorso di fine anno trasmesso in televisione.

Da lì in poi, la strada si aprì completamente a questa tradizione. Hanno fatto la storia, ad esempio, Sandro Pertini, sicuramente il più diretto nel linguaggio, il quale addirittura si rivolse agli italiani chiamandoli "cari amici". A lui toccarono gli auguri probabilmente più complicati: ne è un esempio il suo discorso del 1978, anno della sua elezione ma anche dell'assassinio di Aldo Moro.

Altri discorsi esemplari furono quelli di Oscar Luigi Scalfaro che addirittura si dilungò a parlare per più di mezz'ora, e anche i ben nove auguri per l'anno nuovo pronunciati da Giorgio Napolitano che, al contempo, fu il primo a citare frasi e lettere inviategli da semplici cittadini, allo scopo di avvicinarsi ancor di più alla popolazione. Celebre resterà il momento in cui l'ex Presidente menzionò, in uno dei suoi auguri di Capodanno, "Franco da Vigevano, agricoltore" e "Marco, della provincia di Torino".