Chi, almeno una volta nella vita, non ha pronunciato la celebre citazione "carpe diem"?

In effetti, la locuzione latina, tratta dalle Odi del poeta lucano Orazio, è oggi pienamente inserita anche nella nostra cultura di massa; tant'è che molti altri artisti, scrittori, registi, ne hanno fatto accenno o preso ispirazione: da Lorenzo de' Medici a Walt Whitman; dal film “L’attimo fuggente” alle serie tv di “Grey's Anatomy” e “Orange is the New Black”.

E - molto probabilmente - qualcuno se l'è pure tatuata.

L’ode del Carpe Diem

Seppure - spesso liberamente ed erroneamente - è tradotta in "cogli l'attimo", la quotata espressione è traducibile in “cogli il giorno”.

L’autore della celebre ode è Quinto Orazio Flacco: il poeta lucano, nato nel 65 a.C. a Venosa, colonia romana fondata tra l'Apulia e la Lucania; rappresentante da sempre della vita colta e tradotto in tutto il mondo. Lui è il personaggio protagonista, a vestirne i panni e a prestarne la voce è Alessio Boni: volto noto fra il panorama artistico italiano contemporaneo (appassionante la sua interpretazione ne “La meglio gioventù").

Lo spettacolo

"Cogli l'attimo che fugge. Orazio, il poeta lucano alla corte di Augusto” è inserito nel ciclo di appuntamenti con i quali si suggella il successo della presenza lucana a Firenze.

Si tratta di un'iniziativa, finanziata dall'Apt Basilicata, atta alla divulgazione del patrimonio storico, artistico e culturale della Basilicata nel capoluogo toscano.

Insieme alla collaborazione di Margherita Gina Romaniello, autrice del testo teatrale concepito con un linguaggio moderno, scorrevole seppur rispettoso dei testi originali, gli insegnamenti, le riflessioni e i ritratti canzonatori che lo stesso Orazio lasciò nei versi delle sue numerose opere.

Aver ripensato e rielaborato il testo originale per il teatro significa – letteralmente – costringerlo nel presente.

D’altra parte, su un palcoscenico non esiste altro tempo: il testo è stato scritto prima della venuta di Cristo sì; ma lo spettatore lo conosce, lo ricorda quando lo sfogliava tra i banchi di scuola, crede di ricordarne le parole, o le ha scoperte stasera per la prima volta. E in ogni caso, ascoltando sì le parole di Orazio, ma assistendo ad uno spettacolo nel 2018. È un altro secolo, un’altra epoca. Eppure tutto è dannatamente al presente.

Un esempio - insomma - di una genialità tutta lucana, antica duemila anni eppure fresca e moderna.