Il situazionismo di Piero Simondo continua con l’opera di Franco Brunetta (1952) a San Maurizio Canavese. L’avanguardia che il maestro ligure ha fondato nell’estate del 1957 con Guy Debord, Asger Jorn, Pinot Gallizio e altri sperimentatori si rinnova in Italia nel 2018 con la nascita della galleria Labbò. A fondarla, uno degli allievi più attivi di Simondo, Franco Brunetta, che ha scelto come sede espositiva una ex casa littoria indissolubilmente legata al suo percorso artistico, familiare e di storico della Resistenza: fu suo padre, il partigiano “Lothar”, il primo a voler trasformare in casa delle associazioni quell’edificio dove durante la guerra era stato interrogato prima di essere internato insieme a tanti altri.
Ora il figlio chiude il cerchio, sicché la sua galleria sarà anche la sede della Bottega delle Nuove Forme, laboratorio creativo che, sulla scorta degli insegnamenti di Simondo, Brunetta ha condotto con i bambini per oltre dieci anni e i cui risultati sono ora parte integrante della prima esposizione.
Labbò prima di Labbò
Ma le mura di Labbò avevano già respirato l’arte nel 1983, quando l’edificio era la discoteca Laser Music: qui Simondo e Brunetta organizzarono un laboratorio temporaneo da cui nacque una serie dedicata a personaggi e situazioni delle fiabe di Guido Gozzano. Quelle stampe xilografiche realizzate in occasione del centenario della nascita dello scrittore sono oggi esposte al Musli – Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia di Torino.
Nel mondo dell'attualità e della fantasia
Da Labbò la fantasia e l’attualità regnano sovrane: si può indossare un “Ortensia” o perdersi nei colori della “Con-fusione primaverile”. Facilmente si può naufragare nel dramma dei migranti con “La barchetta” e soffrire davanti al legno sommerso dal grande nero, “Auschwitz (in memoria)”.
Dai colori pop di “Supercalifragilistichespiralidoso su lilla” si passa con l’immaginazione a “Brudù”, la strega al tempo dell’Isis. L’inquietudine della contemporaneità emerge anche nella tavola in fucsia “Parure di Barbie” ispirata a Trump e nell’installazione “7 vakke magre (mini)”, simbolo della crisi. La plastica stessa che Brunetta ama utilizzare, rimaneggiata e reinventata, resa brillante e giocosa, è un simbolo controverso del nostro tempo, tra spreco e recupero.
Brunetta realizza così assemblage materici su tavola che sono frutto di un lungo processo concettuale e fisico di progettazione, mediazione, trasformazione della materia e del significato. Un residuato in plastica non è visto come uno scarto da buttare via ma come uno strumento che, ormai slegato dall’uso comune che gli era stato attribuito, diventa oggetto in senso assoluto, prende vita e, appunto, nuova forma.
Una galleria-laboratorio
L’approccio all’arte in laboratorio, alla didattica e alla sperimentazione fanno di Brunetta il filo conduttore del Situazionismo di ieri, di oggi e, soprattutto, di domani. Parte della galleria è laboratorio, parte della sala espositiva è dedicata agli allievi di Brunetta: la storia di una delle ultime avanguardie del Novecento continua e va verso un futuro di studio e fantasia, rielaborazione di immagini e pensieri raccontati nella fucina creativa di San Maurizio.