Mentre la prima giornata del “China Insight” del Bifest è stata interamente dedicata all’industria cinematografica ed alle opportunità di cooperazione che offre il mercato cinese, il secondo appuntamento si è rivolto soprattutto al grande pubblico, per offrire una panoramica introduttiva sulle caratteristiche del Cinema cinese e delle sue evoluzioni negli ultimi anni. Questo nuovo incontro – organizzato nell’ambito del Bari International Film Festival da Apulia Film Commission, con il patrocinio della sede dell’Istituto Italiano di Cultura di Shanghai – ha visto una grande presenza di giovani, desiderosi di scoprire le particolarità della settima arte in Oriente; inoltre ha suscitato interesse anche l’approfondimento dedicato al Festival Internazionale del Documentario di Canton.

Una breve storia del cinema cinese

La professoressa Luisa Prudentino, docente di Storia del cinema cinese presso l’Istituto di Scienze Politiche di Le Havre, ha regalato al pubblico di Bari una breve, ma completa introduzione a “questo illustre ex-sconosciuto”, un mondo che per anni rimasto ignoto in Europa – la prima rassegna sul cinema cinese si è tenuta a Foligno nel 1982 – andando al di là degli stereotipi relativi alla natura ideologica dei suoi contenuti, con storie spesso dal carattere esotico o legate alle arti marziali. Uno dei fattori più importanti nel corso del tempo è stata l’attenzione per le innovazioni e la creatività, sin dalla prima proiezione del 1896, qualche mese dopo i fratelli Lumière.

Inizialmente i film ricorrevano agli attori dell’opera cinese, quasi a riaffermare uno stretto legame del moderno linguaggio cinematografico con la tradizione.

La tradizione incontra la modernità

Il cinema cinese ha dimostrato nel corso del tempo la ferma volontà dei suoi autori di affermare la propria autenticità rispetto agli altri modelli esistenti, con alcune caratteristiche peculiari come la presenza di un immancabile “happy ending”, il sincretismo culturale, che ha puntato a far convergere elementi apparentemente contrastanti tra loro in ogni opera, e la funzione educativa da sempre attribuita ai film.

Dopo un lungo periodo in cui il cinema è stato visto come un’arte al servizio della propaganda, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso l’individuo torna al centro della narrazione. Oggi la settima arte si sposa con la globalizzazione, con superproduzioni che guardano al pubblico, ispirandosi a storie e leggende tradizionali che conciliano ancora una volta il passato con la modernità.

Difficile è prevedere come si evolverà l’industria in futuro: di certo la complessità del mondo asiatico deve essere uno stimolo per avvicinare lo spettatore a nuovi codici estetici.

Italiani che lavorano in Cina

Agnese Fontana, presidente dell’Associazione Documentaristi Italiani, ha testimoniato la sua felice esperienza al Festival Internazionale del Documentario di Canton e l’attività di coproduttrice di “Hui He, un soprano dalla Via della Seta”. In questo lungometraggio il racconto della vita della cantante lirica cinese, che ha deciso di eccellere in un ambito artistico tipicamente occidentale come l’opera, ha creato l’opportunità di instaurare una collaborazione di successo tra Italia e Cina.

Anche la produttrice di “Cesare deve morire” ha ribadito l’importanza della conoscenza della storia e della cultura cinese per poter lavorare in un ambiente apparentemente ostico. Maurizio Sciarra, presidente di Apulia Film Commission, ha concluso l’incontro parlando del suo ultimo lavoro in fase di realizzazione proprio in Cina, una coproduzione internazionale. Il regista non ha nascosto le difficoltà pratiche nel cercare un punto di incontro tra mondi diversi, a partire dai problemi di comunicazione, sottolineando però anche le opportunità e l’importanza di cominciare dal proporre delle buone storie, per riuscire a superare le barriere fra Paesi lontani, ma pronti a cooperare tra loro.