Sulla mia pelle è il film che Alessio Cremonini ha girato sugli ultimi giorni di vita del giovane Stefano Cucchi, geometra romano trovato morto mentre era detenuto in ospedale, dopo due giorni di carcere.

Non si fermano le proiezioni gratuite del film, nonostante le polemiche e la forte reazione negativa da parte di Netflix: dopo diverse proiezioni a Roma, Milano, Bologna e dopo l'ultima, il 4 novembre a Civita Castellana, nell'Alto Lazio, se ne terrà un'altra a Lecco il 16 novembre.

Il regista non ci restituisce un'immagine edulcorata di Stefano Cucchi, ce lo mostra così come era, con i suoi pregi e i suoi difetti.

Un passato da tossicodipendente, precedenti penali, una famiglia amorevole, Stefano viene trovato una sera in possesso di sostanze stupefacenti e condotto in caserma. Viene poi sballottato da un comando dei carabinieri all'altro, in attesa di una confessione che non ci sarà, e infine portato all'ospedale Sandro Pertini con vistose tumefazioni sul viso e sul corpo. Le sue condizioni di salute peggiorano rapidamente, si sente sempre più male, non riesce più nemmeno a urinare.

Uno scaricabarile che conduce Stefano Cucchi alla morte

Nessuno ha considerazione per questo ragazzo, nessuno se ne prende davvero cura, nessuno lo ascolta. E Stefano che sa di essere in una posizione difficile, che sa che non ci si può mettere contro il sistema perché si perderebbe di sicuro, si arrende subito, si ostina a non collaborare con guardie e con medici, vuole solo essere lasciato in pace.

Quando inizia ad ammettere che è stato picchiato, è troppo tardi.

Una mattina lo trovano morto.

Il calvario non è solo suo, ma anche della sua famiglia: la burocrazia prima, le reticenze e le bugie poi hanno portato Solo ora, dopo 9 anni, a squarciare un velo su questo caso, in cui il nostro sistema giudiziario, carcerario e sanitario fa davvero una figura penosa.

E' grazie a sua sorella Ilaria e alla sua famiglia, che hanno caparbiamente cercato la verità, che questo caso non si è perso tra i tanti simili che di certo ci sono stati, più o meno silenziosi, ma sotterrati da una serie di connivenze e silenzi. E' anche grazie a un carabiniere che ha avuto il coraggio di parlare e squarciare il velo di omertà.

Questa seconda parte nel film non c'è; girato quando ancora le ultime rivelazioni non erano venute a galla, sono stati aggiunti alla fine alcuni cartelli che aggiornano sulla vicenda.

La regia asciutta, lineare utilizza sapientemente le immagini per restituirci il senso di angoscia e oppressione sempre maggiori che ha di certo provato il protagonista, magnificamente interpretato da Alessandro Borghi. Bene anche la colonna sonora e il montaggio, nonché la fotografia che sottolinea la freddezza, la crudezza di ciò a cui assistiamo.

Il film è uscito nelle sale ma è disponibile contemporaneamente anche su Netflix. Da non perdere.