Il 26 agosto 1795 moriva, nella fortezza di San Leo di Rimini, Giuseppe Balsamo, conosciuto come il Conte di cagliostro, mago, alchimista, guaritore e massone. La mattina di quel giorno d'estate era già stato colpito da ictus, e presso la sua cella, il tremendo “pozzetto”, erano stati inviati dei religiosi per cercare di salvare la sua anima tramite l'estrema unzione, ma nonostante questo Balsamo aveva rifiutato ogni tipo di benedizione cristiana.
Dopo aver avuto un ennesimo ictus nel pomeriggio, la sera spirò, senza aver voluto i conforti della confessione.
Anni di reclusione in quel carcere lo avevano trasformato in un uomo di mezza età segnato nelle sembianze fisiche, lurido e completamente trascurato: il suo carceriere lo definì, guardandolo in punto di morte, un selvaggio che giace in mezzo ai propri escrementi.
Essendo stato un grande illusionista, abilissimo con i trucchi, gli venne messa una candela accesa sotto la pianta dei piedi per accertarne con sicurezza l'effettivo decesso e che quindi Cagliostro non stesse fingendo. Egli venne seppellito, essendo stato un eretico, in una buca anonima, accompagnato dalla relazione dell'alto prelato di San Leo, il quale lo definì, oltre che peccaminoso, reo di aver diffuso in tutta l'Europa dottrine legate alle Massonerie egiziane, e di aver ingannato molti proseliti.
Giuseppe Balsamo era nato a Palermo, nel 1743, città dalla quale, ventenne, andò via, dopo aver adottato il nome di Conte di Cagliostro. Africa, Mediterraneo, Medio Oriente ed Europa, in dieci anni girò il Mondo, tra magia, cure ai bisognosi, alchimia e massoneria orientale. Per truffa passò parte del suo tempo in arresto presso la fortezza della Bastiglia, per poi morire in terra di Romagna.
Annovera nemici illustri: Giacomo Casanova, il grande seduttore, Caterina la Grande, Imperatrice di Russia. Goethe, al tempo idolatrato tra gli scrittori, Maria Antonietta, Luigi XVI ed il Papa Pio VI.
Nel 1780 ebbe a creare intorno a sè un aura di mistero facendo credere di essere immortale, di avere 1400 anni e di essere l'Ebreo Errante.
Un alchimista senza tempo, un viaggiatore nella storia, quasi mitologico.
La leggenda narra che nel 1797, il comandante dell'esercito rivoluzionario che si impadronì del Forte di San Leo, chiese dove fosse stato sepolto e, una volta fatti riesumare i resti di Balsamo, per omaggiarlo bevve del vino dal suo teschio.