Nella vita di tutti i giorni, noi esseri umani, siamo costantemente immersi in una mole di informazioni veramente immensa. All’interno del nostro caotico mondo, veniamo messi davanti a scelte più o meno importanti da compiere, dovendo quindi prendere decisioni in lassi di tempo relativamente molto brevi. E’ proprio in questo punto che si inserisce il meccanismo che prende il nome di PREGIUDIZIO.
Cos’è un pregiudizio?
Sebbene il termine venga utilizzato quasi esclusivamente con un’accezione negativa, il pregiudizio in sé non sempre ha connotazioni di questo tipo.
Esso è descritto dall’Enciclopedia Treccani come “opinione concepita sulla base di convinzioni personali e generali, senza conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, spesso superstiziosa o senza fondamento”. Il pregiudizio sembrerebbe inoltre un meccanismo istintivo, irrazionale ed ancestrale
che nel corso della nostra evoluzione si è rivelato favorevole alla nostra sopravvivenza. Basterebbe pensare, infatti, al perché non assumiamo veleni, pur non avendolo mai fatto. Basandoci sulle nostre conoscenze pregresse e giudicando dunque un veleno come dannoso unicamente sulla base di informazioni esterne, possiamo tranquillamente continuare la nostra esistenza senza mai testare la veridicità di queste informazioni.
Tuttavia, quando c’è da prendere delle decisioni, i pregiudizi possono essere alla base di meccanismi che portano ad errori: questo è il caso dei bias cognitivi.
Cos’è un bias cognitivo?
Per una descrizione del bias cognitivo semplice ed esaustiva, rimando alle parole di Wikipedia, che in questo modo lo descrive: “il bias è una forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio.
La mappa mentale di una persona presenta bias laddove è condizionata da concetti preesistenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi”. Nel momento in cui un individuo ha necessità di utilizzare i propri processi cognitivi al fine di prendere una decisione, il proprio giudizio viene influenzato da fattori molteplici: la propria esperienza, il proprio contesto culturale, il giudizio degli altri, i propri schemi mentali e, in ultima istanza, la paura di prendere una decisione errata.
La combinazione di questi fattori, se da un lato risulta utile come un algoritmo, al fine di effettuare una scelta nel minor tempo possibile, dall’altro può rivelarsi, ovviamente, dannosa. Numerosi sono i bias cognitivi conosciuti, associati a comportamenti di ogni sorta. Tra i più annoverati vi sono i vari bias di memoria, l’apofenia e il bias di conferma.
Questo breve video creato dal canale YouTube Cultura 2.0 può essere utile a comprendere più a fondo, ed in modo semplice, questo fenomeno.
Cos’è il bias di conferma?
Il bias di conferma è un particolare tipo di bias cognitivo per cui gli esseri umani sono, tendenzialmente, portati a muoversi esclusivamente all’interno del campo delle proprie conoscenze, ricercando continue conferme (e da qui il nome) alle proprie convinzioni.
Questo meccanismo, che rappresenta uno dei metodi utilizzati dal cervello umano per acquisire informazioni, può causare gravi errori di valutazione in qualsiasi ambito. Bias di conferma, quindi, sarebbe il nome del fenomeno per cui tendiamo, quando ci troviamo ad acquisire informazioni, ad attribuire maggiore credibilità a quelle che confermano le nostre ipotesi e, al contrario, ad ignorare e/o a sminuire quelle che le contraddicono. Questo fenomeno risulta più marcato quando l’ambito in cui agiamo è fortemente connotato emotivamente, oppure tocca delle credenze in noi molto radicate.
Cosa comporta?
Rendendo le nostre scelte basate solamente su informazioni parziali, il bias di conferma può risultare dannoso per qualsiasi campo in cui viene, involontariamente, ad applicarsi.
Un imprenditore potrebbe ignorare le falle presenti all’interno delle proprie strategie finanziarie, mentre un medico potrebbe ignorare segnali importanti all’interno dei sintomi di un paziente, diagnosticando una patologia errata. Su questo bias si basa, oltretutto, buona parte della credenza nell’astrologia o nella chiaroveggenza. Coloro che credono in queste pratiche, sono portati ad analizzare solamente una parte dei dati forniti, ad esempio, da un chiaroveggente, convincendosi erroneamente che quest’ultimo possa davvero conoscere eventi accaduti specificamente nella sua vita, solamente perché parte delle informazioni da esso riportate possono esservi ricongiunte.
Come difendersi?
Difendersi dai bias è un lavoro che richiede costanza e impegno.
Essendo meccanismi naturali del cervello, essi non sono infatti eliminabili, mettendo in questo modo in difficoltà qualunque tipo di analisi che vorrebbe risultare distaccata. L’unico modo funzionante, in effetti, sarebbe quello di prendere in considerazione ex-post gli effetti del bias, dopo aver effettuato qualsiasi tipo di indagine, riuscendo così a distinguere i fatti dalle opinioni.