La valutazione trimestrale recentemente pubblicata da Bankitalia descrive un possibile quadro di crescita che l’attuale trend di consumi e redditi degli italiani pare però sconfessare; stando a quanto riportato nel documento, nonostante il perdurare di una fase congiunturale negativa, si sarebbero palesati dei segnali di ripresa e di fiducia sia nell’industria, sia nel settore dei servizi, fiducia dovuta in particolare al fatto che il tasso di giudizio delle imprese sugli investimenti risulta migliorato. Famiglie e imprese non sembrano però riconocersi in questo contesto, considerato che i consumi e con esso il potere d’acquisto calano sempre di più.
Quest’ultimo è in particolare sceso in termini nominali del 4%, mentre il reddito pro-capite si è ridotto in termini correnti del 7%; se a questi dati aggiungiamo i 9,5 milioni di italiani attualmente in stato di semi povertà, ci rendiamo conto che la situazione è abbastanza delicata.
Mettendo da parte la Legge di Stabilità, appare evidente che la situazione ormai è arrivata ad un punto di non ritorno: da una parte la riduzione delle tasse non appare come un ipotesi plausibile (lo Stato ha bisogno di gettito e liquidità), dall’altra il rigore senza la crescita serve a poco, ecco che le vie da seguire diventano sempre di meno.
A completare il quadro la stretta creditizia operata dalle Banche, che stando agli ultimi dati concedono sempre meno credito e ricevano sempre meno richieste a livello aggregato (la cosa è stata tra l’altro ribadita dal Barometro Crif sulle richieste di finanziamento inoltrate da imprese e società italiane nel mese di settembre).
Gli italiani non chiedono più prestiti, i parametri sono saltati, la spirale recessiva turba ormai da tempo la domanda aggregante del Credito Retail (in sette anni il calo è ormai accertato sul -25%), e il tutto, associato al disagio occupazionale, non fa che presagire serie difficoltà ad uscire dalla crisi. Ad aggravare ulteriormente il quadro lo scompenso fiscale attuato per far quadrare l’equazione Deficit – Pil.