Non esiste crisi indolore. Lo dimostra il fatto che nel 2011, in un momento di crisi profonda, tante aziende italiane che andavano per la maggiore sono passate in mani straniere. A farla da padrone è stata la Francia che ha incominciato con l'acquisto di Bulgari finita nelle mani del colosso mondiale di Bernard Arnault per una cifra di circa 4,15 miliardi di euro.

Poi, è stata la volta del grande gruppo alimentare della Parmalat finita nelle mani della francese Lactatis per un importo che si aggira sui 3,7 miliardi di euro. Una vera sconfitta per questa azienda che stava uscendo da una ristrutturazione dopo il crac di Tanzi e nonostante ci fossero in cassa 1,4 miliardi di liquidità  relative ad azioni che le banche avevano risarcito.

Pure la Edison, finita i mani di una società statale francese EDF. Inoltre, c'è da segnalare il passaggio della nostra grande azienda, la più grande costruttrice al mondo di yacht di lusso finita in mani giapponesi  per 374 milioni di euro. Poi, vi sono le tante aziende alimentari come la Confetteria Cova finita alla multinazionale lvmh; le aziente dell'olio come la Carapelli, Sasso e Bertolli andate a un gruppo alimentare spagnolo e tante altre aziende rinomate come: Riso Scotti, la Star, Gancia, Fiorucci, Peroni, Galbani, Perugina.

Altre ancora potrebbero prendere il volo. Si parla tanto in questo momento dell'Alitalia dove c'è già la presenza di AirFrance e Klm o i treni di Ansaldo Breda che Finmeccanica ha inteso mettere in vendita e già contattato l'azienda francese Alsom.

Altra grosse aziende ancora sono sul banco della trattativa e potrebbero prendere il volo da un momento all'altro.

Penso che tutti gli italiani siamo alquanto amareggiati per quello che sta capitando alle nostre aziende, tante delle quali senza aiuti delle banche sarebbero costrette a chiudere. Ma come si sa, le banche hanno chiuso le battenti della borsa e così le nostre pregiate aziente prendono il volo per l'estero. Una piccola consolazione per smaltire un po' il malcontento, è l'acquisto da parte della Fiat della casa automobilistica americana Chrysler.