Questo il riassunto del Paese Italia descritto nel 48° rapporto del Censis, presentato oggi al Cnel. La popolazione è piegata pesantemente dalla crisi che va avanti da più di sei interminabili anni. La paura del domani fa sì che le famiglie, quando possono, risparmiano di più e di conseguenza questo non genera nuovi consumi. Il 49% della popolazione usa i social network e la percentuale raggiunge l'80% per i giovani fino a 29 anni. C'è molta solitudine e tanta diffidenza: il 20,4% degli italiani pensa che la maggior parte della gente meriti fiducia mentre il 79,5% pensa che bisogna essere diffidenti e stare attenti.

Il patrimonio culturale è immenso ma mal gestito, mal tenuto e mal sfruttato. Il dato apparentemente più anomalo riguarda proprio il risparmio. In un periodo di crisi nera risulta che, dal 2007 al 2013, i contanti e i depositi bancari sono aumentati di quasi il 5%. Ma la motivazione è umanamente chiara: paura del domani e copertura da imprevisti. E' un evidente "effetto psicologico" storicamente inevitabile nei periodi di forte crisi. 

Il dato sulla disoccupazione giovanile è confermato e non stupisce, sebbene sia spaventoso. Già prima di questi sei anni neri, la disoccupazione della fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni toccava il 50,9%. Oggi siamo arrivati ad un drammatico 75,9%. Inoltre i giovani che non studiano, non lavorano e non partecipano ad attività formative, cosiddetti Neet, sono passati da 1.946.000 del 2004 a 2.435.000 del 2013.

Un'ampia nota merita la disuguaglianza: con la crisi sono aumentate le differenze tra le varie aree del Paese. Ad esempio la percentuale di laureati a Catania è del 11,1% ed a Milano del 20,9%. Il tasso di occupazione nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni, a Bologna è il 79,3% mentre a Napoli è solo al 34,2%. A Napoli la percentuale di chi non paga il canone Rai è del 58,9% mentre a Roma è del 26,8%.

Gli immigrati reggono la crisi meglio degli italiani. Negli ultimi anni analizzati nelle rilevazioni, le imprese con titolare extracomunitario sono aumentate del 31,4% mentre le aziende gestite da italiani sono diminuite del 10%. Ci sono tantissimi dati ancora analizzabili ma è evidente che il quadro generale che ne risulta non fa che confermare la malattia di un Paese che vorrebbe, nel cuore di molti, reagire ma che in questo è davvero poco aiutato sia dalla politica locale che da quella europea che, sotto varie forme, raccoglie sempre più dissensi.