La Grecia non presenterà all'Eurogruppo che si terrà a Riga venerdì 24 aprile la lista di riforme richiesta per poter sbloccare gli aiuti. Tale lista dovrebbe comunque arrivare per la metà di maggio, secondo le previsioni di Thomas Wieser, referente del gruppo di lavoro dell'Eurogruppo.

Il ritardo nella presentazione della famigerata lista dipende in buona misura dai contrasti interni a Syriza ma anche dalla comprensibile ritrosia del governo Tsipras a presentare riforme impopolari e palesemente in contrasto con il programma elettorale che ha portato il 25 gennaio scorso la coalizione della sinistra radicale a prendere il potere ad Atene. Wieser comunque, nel dichiararsi ottimista circa il raggiungimento di un accordo, ha dichiarato anche che Atene sarà solvibile almeno sino a giugno. Da quando il governo di Alexis Tsipras si è dovuto confrontare con le istanze dei creditori ed in particolare con quelle della ex Troika, è stato un susseguirsi di rinvii e concessioni, in realtà quest'ultime ben poche nei confronti di Atene. Sinora i creditori infatti non hanno inteso concedere sconti né sul capitale, né tanto meno sugli interessi. Atene ha dovuto rinviare l'approvazione della maggior parte delle misure che avrebbero dovuto segnare l'agognata svolta contro le misure di austerità imposte dalla Troika per ovvia carenza di fondi.

Diversi gli scenari possibili. Sono stati ipotizzati in questi ultimi giorni diversi scenari per la Grecia. Quello più ottimistico, condizionato dal raggiungimento di un accordo per il nuovo summit di Eurogruppo dell'11 maggio, prevede lo sblocco dell'ultima tranche di aiuti per 7,2 miliardi di euro, in cambio delle riforme (privatizzazioni, lotta alla corruzione e all'evasione fiscale, controllo della spesa pubblica, equità fiscale etc.) non tutte in sintonia con le richieste di Syriza e del corpo elettorale. Questa sembra però una soluzione di difficile attuazione.In realtà il ministro delle finanze Yannis Varoufakis sta cercando fin dal suo insediamento di condurre il paese verso un default parziale e pilotato, nei soli confronti dei creditori europei. Questa strategia darebbe la possibilità alla Grecia di concordare con i paesi creditori europei (in particolare Germania, Francia ed Italia) e con la Bce un taglio (haircut) del proprio debito pubblico - oggi pari al 177 percento del Pil - senza dover uscire dall'Eurozona. Soluzione fortemente avversata, però, dalla Germania e da altri paesi del Nord Europa (in primis Olanda).A questa ipotesi si affianca quella drammatica, non solo per il paese balcanico, del default, se la Grecia non fosse nelle condizioni di pagare il debito alle scadenze di maggio e giugno. L'insolvenza risolverebbe solo apparentemente il problema dei debiti, visto che poi secondo alcuni Atene uscirebbe dall'Eurozona e sarebbe costretta ad emettere dracma svalutandola del 40 percento. La Grecia sarebbe fuori dagli aiuti e dalla possibilità di negoziare sui mercati internazionali i titoli di Stato come nell'utilizzarli come collaterale per far approvvigionare il sistema bancario domestico di liquidità dalla Banca Centrale Europea. Ipotesi ancor più drammatica: il governo non paga stipendi e pensioni, facendo scivolare il paese in una crisi ancor più nera di quella attuale. A quel punto cadrebbe il governo di Syriza. Il governo però starebbe cercando di evitare ciò attraverso il decreto di requisizione delle liquidità di enti pubblici e fondi pensione. Chi vivrà vedrà.