A causa degli ultimi deludenti dati relativi al mese di marzo sui nuovi occupati negli Usa ("Non Farm Payrolls") resi noti venerdì 3 aprile, nella nuova settimana iniziata nella notte fra domenica e lunedì (mezzanotte in Italia), l'euro aveva aperto in rialzo a 1,0996 dollari. Lunedì ha superato anche 1,10 ma, durante le contrattazioni pomeridiane negli Stati Uniti, in circa venti minuti, la moneta unica è scesa fino al livello di 1,0913 per poi risalire e stabilizzarsi nell'area di 1,093. Martedì 7, l'euro è lentamente sceso fino a circa 1,082 e ciò fa ritenere che il mercato abbia assimilato il calo dei nuovi occupati in USA.

Oggi l'euro oscilla fra 1,082 e 1,087 dollari.

Le previsioni: euro in ribasso verso il dollaro nel medio e lungo termine

Anche se diversi manager americani vorrebbero vedere un euro più forte, sarà difficile che si verifichi un robusto rialzo della moneta unica: i dati fondamentali sull'economia americana confermano che non esistono pericoli seri perché la ripresa in USA è ben avviata. L'insoddisfacente aumento dei nuovi posti di lavoro creati a marzo non fa prevedere un peggioramento dell'economia: è possibile una correzione sui mercati azionari ma le posizioni settimanali dei traders sull'euro sono ribassiste.

Negli USA la disoccupazione è ferma al 5,5%, il tasso più basso da 6 anni e mezzo e già ritenuto buono da esponenti della banca centrale americana, la Federal Reserve (FED).

Si stima inoltre che durante il 1° trimestre del 2015, il PIL statunitense dovrebbe essere cresciuto intorno all'1%. C'è quindi un tasso di disoccupazione accettabile e si prevede una crescita economica soddisfacente: 2 - 2,5% nel 2015. Dopo la dura e lunga crisi economica degli ultimi anni, il primo aumento dei tassi di riferimento da parte della FED avverrà molto probabilmente solo nell'ultima parte dell'anno e non si prevedono rialzi sostenuti: a febbraio negli Stati Uniti l'inflazione è stata ferma allo zero e questo suggerisce alla banca centrale il mantenimento di una linea prudente.

Un prematuro e marcato rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve potrebbe arrivare a danneggiare la ripresa economica iniziata l'anno scorso e rischiare di indirizzare la nazione sulla strada sbagliata, verso la deflazione.

Nel rapporto di cambio fra euro e dollaro è determinante anche la differenza tra i rispettivi rendimenti obbligazionari, soprattutto di quelli a scadenza decennale, liberamente decisi nelle contrattazioni.

Entrambe le valute dominano le "Majors", perché buona parte degli investimenti e delle riserve pubbliche e private del mondo sono formate da dollari ed euro: è la coppia di valute più scambiata nel mondo. In questi ultimi mesi, la differenza nei rendimenti, ha favorito gli investimenti in dollari, sia perché l'avvio della ripresa nell'area dell'euro è sicuro solo in alcuni Stati ed incerto in altri (con rischi più evidenti in Grecia, meno visibili in altre nazioni) e poi anche per l'effetto delle operazioni di "quantitative easing" da parte della BCE.

Nei confronti del dollaro, nel breve termine la tendenza dell'euro è perciò stabile ma resta orientata al ribasso nel medio e lungo termine.