La sentenza della Corte Costituzionale che ha sbloccato i contratti dei lavoratori statali, non ha chiuso la vicenda in maniera netta, ma ha lasciato campo libero al Governo ed ai rappresentanti dei lavoratori del pubblico impiego circa le proposte da mettere in campo per le trattative future. In pratica sta alle parti in causa trovare le giuste misure per il nuovo contratto e per gli aumenti dopo lo sblocco della Consulta. Fare ipotesi su una trattativa sindacale è sempre difficile: si sa quando iniziano ma non si sa quando finiscono. Il Governo però, ha già posto le basi per l'inizio delle trattative.

Infatti, nel documento di economia e finanza, (DEF) di aprile, il Governo aveva già inserito ciò che prevedeva di spendere per lo sblocco dei contratti fino al 2019 e cioè 1,6 miliardi per il 2016 e più di 21 fino al 2019.

Come pensa di intervenire il Governo per il 2016

Gli aumenti partiranno dal primo gennaio 2016 e le stime inserite nel DEF prevedono un tasso di inflazione pari all'1,5%. Già oggi il tasso di inflazione è di molto inferiore, dato che non arriva neanche all'1%. Questo significa che la spesa di 1,6 miliardi lordi messi in conto è più alta di quella che effettivamente sarà. Inoltre, l'interlocutore del Governo per le trattative, non è un singolo soggetto. I lavoratori statali comprendono le forze armate, gli impiegati degli enti territoriali, gli insegnanti di scuole e università e tutti i dipendenti dei Ministeri, ognuno con i propri organismi sindacali e quindi con le proprie proposte.

Sta di fatto che il Governo sembra dell'idea di proporre aumenti diversi per settore e che siano maggiori per gli stipendi più bassi.

La risposta delle organizzazioni sindacali

Su questa possibilità, le parti sociali hanno già preso le distanze dichiarandosi pronte ad un vero braccio di ferro. Per esempio la CISAL e il sindacato dei dirigenti scolastici, parlano di "operazione discriminatoria".

Minacciano da subito azioni legali e di sollevare mozioni di incostituzionalità se questo modo di procedere presunto sarà effettivamente messo in pratica dal Governo. Non dimentichiamo che per molti lavoratori statali, l'aumento mensile che si prevede venga concesso (40 euro lordi), li porterebbe a superare i 25.000 euro annui di stipendio.

Cosa significa questo? Che i 40 euro in più in busta paga avrebbero l'effetto di superare la soglia per percepire gli 80 euro di Bonus di Renzi. In più, scatterebbe automatica l'applicazione della riforma del pubblico impiego prevista dalla Legge 150 del 2009 dell'allora ministro Brunetta: ai lavoratori verrebbero tolti i benefit di anzianità per fare spazio alle prestazioni singole realizzate all'interno del comparto pubblico di appartenenza. Insomma di male in peggio.

Ma come è possibile che la riforma Fornero abbia causato un tale terremoto?

La verità è che oggi tutti danno la colpa al decreto "Salva Italia" di Monti e alla Fornero, Ministro autore della riforma. Però bisogna sapere che il blocco della perequazione degli statali ha permesso al Governo Berlusconi di risparmiare circa 11 miliardi di euro.

Poi è stato prorogato dal Governo Letta fino al 31 dicembre 2014 nonché dal Governo Renzi fino al 2015. Il Governo Monti ha causato il blocco, ma gli altri ne hanno beneficiato e non hanno fatto nulla per sanare la situazione, tanto è vero che si è aspettata una sentenza della Corte Costituzionale che per la verità è stata anche fin troppo benevola.