Un miliardo, è questo il numero delle bottiglie di plastica che ogni anno va a finire negli oceani. Per contribuire a ridurre di almeno un po' questa enorme quantità di plastica che inquina fortemente i nostri mari, un'azienda inglese, la Skipping Roks Lab, ha ideato un contenitore sferico del diametro di circa 1,5 centimetri avvolto da uno speciale polimero a base di alghe che è completamente edibile e riciclabile. Con questo nuovo prodotto si spera anche di contribuire a ridurre i 300 milioni di chilogrammi di Co2 rilasciati nell'atmosfera a causa della produzione delle bottiglie di plastica.

La produzione di acqua minerale in Italia

A livello mondiale il paese dove si consuma maggiormente Acqua minerale a livello pro-capite è il Messico. Ma, subito dopo viene l'Italia. Secondo i dati forniti da Legambiente, gli italiani consumano circa 200 litri di acqua minerale a testa ogni anno. Questo equivale ad un totale di 14 miliardi di litri, contenuti in 7 miliardi di bottiglie di plastica. Inoltre, la maggior parte dei consumi, quasi il 75%, sono di acqua minerale naturale. Delle 7 miliardi di bottiglie utilizzate ogni anno per questa produzione solo il 6%, circa 420 milioni, viene riciclato. Il resto finisce bruciato negli inceneritori o peggio rimane a sporcare e inquinare lentamente nelle nostre zone verdi, prati o giardini.

In Italia vengono commercializzate circa 30 marche diverse di acqua minerale. Gli stabilimenti impegnati in questa produzione su tutto il territorio nazionale sono circa 170. In base alle statistiche più recenti il 62% circa degli italiani spende qualcosa come 234 euro l'anno solo per l'acqua minerale.

Secondo Giuseppe Altamore, esperto del settore e autore di un saggio sull'argomento, l'acqua minerale è diventata un bene di largo consumo a partire dagli anni 80, dopo gli scandali dell'inquinamento di numerose falde acquifere a causa dell'atrazina.

Meglio l'acqua di rubinetto

Occorre dire, comunque, che la produzione industriale su larga scala non garantisce che l'acqua minerale sia, in ogni caso o sempre, migliore dell'acqua del rubinetto. Anzi. Ad esempio, anche se le etichette dovrebbero indicare i sali e minerali disciolti nell'acqua, le normative per la produzione di acqua minerale sono differenti rispetto a quelle a cui soggiace l'acqua pubblica.

Solo per citare un esempio, il livello di arsenico per l'acqua di rubinetto non può mai superare i 10 microgrammi per litro. Le acque minerali, invece, possono contenerne anche 50 microgrammi, senza obbligo di dichiararlo sull'etichetta.

Un affare milionario

Un fattore molto importante, che ha inciso grandemente sulla diffusione dell'acqua minerale è la sua praticità, oltre al suo sapore, percepito da milioni di consumatori come migliore. Inoltre il costo della materia prima, l'acqua appunto, è veramente irrisorio. Questo ha generato un business milionario.

Solo per avere un'idea degli enormi margini di profitto realizzabili, secondo un rapporto prodotto congiuntamente da Legambiente e Altraeconomia, le aziende concessionarie delle acque minerali pagano 2 euro ogni 1000 litri di acqua imbottigliata.

E questo in quanto le Regioni chiedono dei canoni estremamente bassi per queste concessioni, anche in zone dove vi sono difficoltà di approvvigionamento idrico.

I canoni, infatti, non sono mai stati aggiornati e sono fermi ai livelli del secolo scorso. Per di più, le ditte produttrici pagano il canone in funzione degli ettari di terreno su cui insiste la loro concessione, non in funzione della quantità di acqua imbottigliata. In molte regioni questo canone è inferiore ad 1 euro a metro cubo. Anche se, alcune regioni più avvedute, come il Lazio, applicano una quota triplice.

Il giro d'affari totale di questo settore, per questi motivi, si aggira intorno ai 2 miliardi di euro. Tanto che le aziende produttrici di acqua minerale si possono permettere di spendere ogni anno circa 370 milioni di euro in pubblicità. Cosa che spinge ancora di più i consumi. Un business milionario, ma con molti chiaroscuri.