In occasione della giornata del 30 luglio, scelta dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l'opinione pubblica sul dramma della tratta degli esseri umani, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rilasciato un’accorata dichiarazione contenente un appello a intervenire sulle cause che spingono milioni di persone nel mondo a buttarsi fra le braccia di organizzazioni criminali senza scrupoli.

Colpisce una parte nella sua dichiarazione, per l’angolatura scelta: "nel diritto internazionale la tratta degli esseri umani è distinta dal traffico illegale dei migranti, che tuttavia è sostenuto e alimentato anch'esso da spietate e sanguinarie bande che sospingono le loro vittime verso condizioni di servitù e di annichilimento personale".

Una prospettiva che potremmo dire europea o, ancora meglio, euro-mediterranea. Una sottolineatura che riporta il focus su esseri umani privati di dignità, "i più deboli" come affermato dal Pontefice all'ultimo G20. La ferita è insomma aperta e lo è per tutti.

Il traffico dei migranti: una ferita aperta per tutti

La tragedia delle morti ricorrenti nel Mediterraneo, e non solo, cui ci si è drammaticamente abituati negli ultimi anni hanno suscitato attenzione e riflessioni di decisori politici e altri soggetti istituzionali e delle ONG internazionali. Le tragedie però continuano: il dramma, per quanto riguarda l’Europa, è che si muore o si rischia di perdere la vita prima di arrivare alle frontiere esterne dell’UE.

Il viaggio dei protection seekers è per definizione insicuro e irregolare, due caratteristiche correlate, visto che intraprendere un viaggio col rischio di morire dipende dal fatto che sono precluse vie regolari e più sicure. Il tema è strettamente connesso al fatto che l’UE, per consentire l’ingresso regolare nel suo territorio, richiede ad alcuni Stati il visto, e fra questi sono inclusi anche quelli considerati originari dei migranti in cerca di asilo.

Questi sono dunque obbligati a intraprendere vie irregolari e non sicure per inseguire la speranza di un futuro migliore. E le front line Countries, come l’Italia e la Grecia, fanno fatica.

L’irregolarità terreno fertile dei trafficanti

Una profonda criticità del sistema europeo è relativa alla mancanza di sicurezza e di regolarità degli arrivi: investire su questi aspetti potrebbe avere importanti effetti deflativi sul carattere emergenziale della gestione delle frontiere esterne con positive conseguenze sull’organizzazione della prima accoglienza e inciderebbe fortemente sul mercato del traffico di vite umane gestito dagli smugglers, i trafficanti che, è bene ricordarlo, traggono profitto dall’esistenza di regole stringenti sull’ingresso dei cittadini di Paesi terzi nell’UE.

L’impossibilità di accessi regolari, per chi scappa dall’inferno nei propri Paesi d’origine, conduce ad un’unica alternativa: affidarsi a chi da la sola possibilità di attraversare il Mediterraneo, gli smugglers, con altissimi costi economici e soprattutto con un’elevata possibilità di non riuscire ad arrivare a destinazione.

Da una parte l’Unione Europea contiene dunque al suo interno incentivi al traffico dei migranti, dall’altra afferma una lotta senza quartiere agli stessi, avvitandosi in una contraddizione i cui effetti sono davanti a noi ogni giorno.

Un sistema legale di ingressi per i migranti in cerca di protezione?

In questo senso sono rilevanti le proposte relative a speciali visti umanitari e l’aggiornamento della direttiva sulla protezione temporanea, contenute in uno studio richiesto dalla Commissione sulle Libertà civili, giustizi e affari interni (LIBE) del Parlamento Europeo.

Nel primo caso si tratterebbe di sfruttare lo strumento del Limited Territorial Validity, disciplinato all’art. 25 del Codice dei Visti. Al comma 1 di questo articolo si stabilisce che tali visti sono rilasciati eccezionalmente “quando, per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali, lo Stato membro interessato ritiene necessario”. Questo particolare visto garantirebbe un soggiorno breve, ma sarebbe comunque una via d’ingresso legale e prodromica alla richiesta d’asilo.

Altro strumento su cui puntare potrebbe essere la Direttiva sulla Protezione Temporanea del 2011, applicabile in caso di afflussi massicci. Una direttiva che andrebbe semplicemente eseguita, il che non è a ora mai successo.