Siamo passati da un eccesso all'altro, nel giro di pochi anni, sul mercato europeo dei titoli obbligazionari. Per non andare troppo lontano in Italia i titoli di Stato a breve termine rendono pochissimo e per strappare rendimenti netti sopra l'inflazione occorre 'buttarsi' sulle emissioni a medio ed a lungo termine. Ma il rischio è 'calcolato'? La domanda è d'obbligo ed a porsela è Alessandro Pedone che, in un editoriale pubblicato sul sito dell'Aduc, per le obbligazioni in euro su medie e lunghe scadenze ha una sola parola: 'vendere'. Vendere partendo dalle obbligazioni cosiddette 'high-yield, se detenute in portafoglio, in quanto appena il vento girerà saranno le prime con ogni probabilità a crollare sui mercati.
Perché in questo momento le obbligazioni in euro rendono poco? Ebbene, in prima battuta nei mesi scorsi la spiegazione è stata data con il fatto che c'è stato uno spostamento di capitali dalle obbligazioni dei Paesi Emergenti, diventate più a rischio, ai titoli di Stato di Paesi come Germania e Francia, ma anche Paesi come l'Italia hanno beneficiato fino ad oggi di tale tendenza. Ma ora, come si spiega il persistere di tale tendenza? Ebbene, secondo Alessandro Pedone i rendimenti così bassi non hanno alcuna logica se non quella di scommettere sul fatto che nell'Eurozona possa esserci una deflazione in stile giapponese per 10-15-20 anni.
In altre parole i prezzi delle obbligazioni in euro sul mercato incorporano una componente che è sostanzialmente di natura speculativa.
E poi, di quanto ancora questi titoli potranno apprezzarsi sul mercato rispetto invece a quelli che possono essere attualmente i rischi di un crollo delle quotazioni? Il mercato ad oggi giustifica i rendimenti bassi con la politica monetaria accomodante della Banca centrale europea, ma da un giorno all'altro gli operatori potrebbero trovare altre ragioni, scuse e motivazioni per cambiare idea su quelli che sono attualmente i rendimenti dei titoli di Stato emessi in euro dai Paesi del Vecchio Continente.