Sembra di essere fermi ancora agli anni ottanta, quando soltanto pochissime scuole erano in grado di mostrare agli alunni l'M24 dell'Olivetti, l'antenato degli odierni PC e Notebook, funzionante con sistema operativo Ms-Dos. Triste a dirsi, la tecnologia nelle scuole italiane è latente e il giudizio impietoso arriva in primis dagli studenti che, nel tempo libero, fanno larghissimo uso di smartphone ed altri dispositivi mobili di ultima generazione. A rivelare l'estrema 'povertà' tecnologica delle scuole italiane è un sondaggio condotto dal noto portale 'Skuola.net' condotto su un campione di oltre 1600 studenti di età compresa tra 11 e 19 anni. Il settanta per cento dei ragazzi ha dichiarato che, nella propria Scuola, manca la connessione wi-fi o, comunque, non viene utilizzata per la didattica e del resto anche i dati riportati dal Ministero dell'Istruzione non fanno altro che convalidare in maniera inequivocabile tale carenza: solo il dieci per cento delle scuole primarie e secondarie di primo grado dispone di una connessione ad alta velocità, mentre nelle scuole superiori, siamo ad un rapporto di un Istituto su quattro.
Miur, scuola, informatica e laboratori: statistiche mortificanti rispetto all'Europa
L'utilizzo delle aule computer è sporadico: solo il 12 per cento degli studenti ha dichiarato di usare tutti i giorni un pc; un ragazzo su cinque si reca nel laboratorio informatico solo una volta alla settimana; uno su cinque, addirittura solo una volta al mese. Non parliamo poi di chi non ha mai visto direttamente un laboratorio informatico, perchè arriviamo ad una tristissima percentuale di uno studente su due. L'apice dell'assurdità viene toccato dal fatto che il 90 per cento dei ragazzi conferma l'esistenza di un'aula computer nel proprio istituto ma il 40 per cento dichiara oltremodo che non l'ha mai utilizzata. Sono dati che pongono il sistema scolastico italiano in una posizione di assoluta arretratezza rispetto alla media europea. Questi risultati dovrebbero far riflettere le istituzioni su come sia urgente intervenire al più presto con degli investimenti che vadano, per lo meno, a 'medicare queste ferite', anche se il Miur dovrebbe interessarsi direttamente su come 'guarirle'.
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