C'è chi accoglie con speranza la nuova normativa, chi con estrema diffidenza e chi ancora, è pronto a dare guerra al governo, come ad esempio il noto sindacalista della FIOM Landini nelle sue ultime dichiarazioni pubbliche o il MoVimento 5 Stelle da sempre tra i primi a delineare le molteplici criticità della riforma di Matteo Renzi. La misura infatti è stata molto criticata da più parti sociali e politiche sin dai suoi albori perché sembra, di fatto, normalizzare le situazioni e caratteristiche tipiche del lavoro precario rendendole di fatto strutturali ed integrate al sistema, agevolando l'imprenditore a discapito del dipendente, tramite i contratti a tutele crescenti che incentivano si, da una parte, gli imprenditori ad assumere di più ma dall'altra abbassano considerevolmente alcune tutele fondamentali dei lavoratori, tipiche ad esempio di chi ha un contratto a tempo indeterminato.

Tra le caratteristiche più osteggiate vi sono da citare sicuramente il demansionamento progressivo del lavoratore, ovvero il poter affidare mansioni non adatte al profilo lavorativo e categoria del dipendente, ed controllo in remoto del lavoratore da parte del datore di lavoro (materia che è stata oggetta di recente referendum interno presso Telecom Italia, indicata ai dipendenti come unica alternativa alla societarizzazione e che ha visto un consistente voto contrario da parte dei dipendenti Telecom). Nel Jobs Act è inoltre lasciato invariato il lavoro accessorio (vaucher) ed in accompagnamento alla riforma non è stato affiancato nessun tipo di ammortizzatore sociale (es: reddito di cittadinanza, o reditto minimo garantito) che possa sopperire, in caso di fallimento, agli effetti della nuova riforma del lavoro.

Secondo alcuni, tra cui Beppe Grillo, il Jobs Act non è altro che la riproposizione della riforma del lavoro attuata in Germania nel 2003 da Schroeder e che pare non abbia funzionato granchè per il popolo teutonico. Cosa ci attende davvero con l'entrata in vigore ufficiale di questo nuovo modo di intendere il lavoro? Sarà un successo che creerà nuovi posti di lavoro o, come dicono alcuni, si limiterà a creare nuovi 'schiavi' e a 'schiavizzare' chi era già lavoratore a tempo indeterminato abbassando di fatto i suoi diritti acquisiti?