La necessità di introdurre una maggiore flessibilità nell'attuale sistema previdenziale nazionale è ormai un'idea che si fa strada per riformare le pensioni in Italia. Infatti, molti esponenti del settore pensionistico sono favorevoli all'introduzione di un criterio che renda flessibile la previdenza: dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti al Presidente dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) Tito Boeri fino a giungere all'ex ministro Elsa Fornero, sono tutti d'accordo: si può andare in pensione prima degli attuali requisiti ma con una decurtazione sugli assegni pensionistici.

Anche l'attuale Presidente della Commissione Lavoro alla Camera ed esponente di spicco del Partito Democratico, Cesare Damiano specifica, con una nota, che il criterio della flessibilità è auspicabile al fine di riformare l'attuale sistema previdenziale. Nella stessa Commissione Lavoro si riprende a discutere dell'argomento con una possibile correzione all'attuale legge dopo gli incontri che presumibilmente si avranno con i sindacati, con il ministro del Lavoro e il Presidente INPS.

Sulle ipotesi che saranno prese in considerazione dal governo Renzi c'è quella avanzata dal Partito Democratico relativamente alla scelta da parte del lavoratore di andare in pensione con un'età minima di 62 anni con un versamento di almeno 35 anni di contributi.

Raggiunti questi requisiti si andrebbe incontro ad una penalizzazione massima dell'8 percento. Ovviamente il Governo dovrà tenere in considerazione le attuali risorse finanziarie (anche se a partire dal 2012 sono stati messi in cassa risparmi miliardari) e l'ostilità da parte dell'Unione Europea che non vede di buon occhio una variazione dell'attuale legge pensionistica.

Questa manovra previdenziale porterebbe un grosso beneficio all'aumento del turn over tra i pensionamenti e l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, anche alla luce dei dati relativi alla disoccupazione.

Non ci resta che aspettare gli sviluppi sull'argomento che si avranno quasi certamente nei prossimi mesi.