Da anni, uno dei problemi cui deve fare fronte l'Italia, è la cosiddetta fuga dei cervelli all'estero. Tanti sono, infatti, i laureati ed i migliori prodotti della nostra scuola che, o scelgono, o sono costretti a lavorare all'estero. Quello di cui stiamo parlando è un vero e proprio fenomeno: da anni, ormai, i nostri migliori soggetti vanno a lavorare fuori, ma adesso sembra che il Consiglio dei Ministri di Matteo Renzi stia pensando di metterci una pezza. Non è possibile, infatti, accettare senza intervenire, la costante migrazione dei migliori talenti italiani in ogni campo.

Perché non restano in Italia?

Una volta emigrava la manodopera, la classe operaia non qualificata che andava in paesi dove la richiesta era maggiore e faceva i lavori più umili. Adesso chi emigra è la manodopera super qualificata, i "cervelli". Spesso si sentono notizie provenienti dall'estero che riportano, per esempio, i successi professionali di un medico italiano che lavora negli USA, o di un nostro ingegnere che ha costruito un ponte avveniristico in Qatar e così via. Il problema sta prima nella alta tassazione prevista dalla normativa italiana. Poi c'è la lunga trafila a cui sono sottoposti i laureati, anche se bravi, che prima di trovare la tranquillità del posto di lavoro, devono barcamenarsi in praticantati, periodi di prova, lavoro saltuario ed a volte nemmeno pagato.

I concorsi pubblici sono una corsa ad ostacoli. Per non parlare delle differenze di stipendio per chi ha la fortuna di trovare un lavoro consono al proprio titolo di studio o laurea. Un neo laureato in Italia viene pagato, statisticamente, tra i 1.121 euro per un lavoro al sud del paese ed i 1.373 euro al nord. All'estero, lo stesso laureato con lo stesso lavoro incasserebbe 2.043 euro.

Una bella differenza soprattutto nei casi in cui ci sia da pagare vitto e alloggio.

Quale sarebbe la soluzione trovata dal Governo?

Secondo una nuova norma inserita nel decreto sull'internazionalizzazione delle imprese, a tutti i laureati e coloro che hanno lavori altamente qualificati, verrebbe concesso un abbattimento del 30% del reddito imponibile.

Questo a condizione che trasferiscano la residenza in Italia, che lavorino o che abbiano una attività lavorativa prevalentemente in Italia e che vengano da un periodo di residenza all'estero di almeno 5 anni. In altri termini, viene concessa la riduzione del 30% del loro reddito che poi è quello su cui si calcolano le imposte. In soldi reali, ogni 1.000 euro di stipendio o di incasso di parcelle o di altri utili derivanti dal proprio lavoro, solo su 700 euro verrebbero calcolate le imposte. Significa per esempio, risparmiare almeno 70 euro ogni 1.000 euro di reddito sull'Irpef, mica poco. La durata di questo bonus sarebbe di 5 anni. Il Consiglio dei Ministri ha così inserito questo provvedimento come da un'indicazione ricevuta dal Parlamento.

Adesso si aspetta che il provvedimento emanato dal Governo, con tutto il decreto, torni in Parlamento, e che venga esaminato dalle Commissioni competenti che ne stabiliranno la fattibilità, ma la strada intrapresa è buona.