Nel mirino dell'orientamento giurisprudenziale europeo troviamo anche le problematiche (o meglio definite lacune) concernenti l'interpretazione e l'applicazione delle norme sul lavoro; in questa fattispecie, delle norme relative ad una corretta definizione e inquadratura dell'orario di lavoro, rientrante nelle varie forme di tutela per il lavoratore dipendente.
Il caso: società spagnola considerava orari di riposogli spostamenti del lavoratore per raggiungere il domicilio dei clienti
Tuttoha origine da un caso rappresentato e posto in essere da una società sita in Spagna.
Si tratta della Tyco; quest'ultima nel 2011 ha chiuso i suoi uffici regionali, "inviando" i dipendenti all’ufficio centralecon sede in Madrid. Più precisamente, per i lavoratori cambiava la rotta: non più domicilio-sede di lavoro, bensì domicilio e sede dei clienti dell'azienda. La Corte di giustizia europea, interpretando la direttiva 88/2003 sull'organizzazione dell'orario di lavoro, ha affermato che gli spostamenti deilavoratori dal proprio domicilio a quello del cliente (in quanto trattasi diesecuzione di prestazioni tecniche) rientrano nella nozione di orario di lavoro. Taleragionamento ha il suo perno centrale nella più ampia tutela della sicurezza, nonché, della salute dei lavoratori.
Al contrario, l'azienda Tyco, considerava i suddetti spostamenti come orari di riposo, ragion per cui, la Corte nazionale spagnola, investita della questione, ha chiesto alla Corte di Giustizia se questa interpretazione fosse corretta in base alle norme europee. Con la decisione della Corte di Giustizia, depositata il 10 settembre 2015 (causa C-266/14),si è inteso porre in rilievo l'autonomia e la potenziale capacità di uniformazione del diritto dell'Unione Europea.
Se ne deduce che le definizioni di orario di lavoro e periodo di riposo non sono prerogative degli ordinamenti dei singoli Stati.
Conclusioni della Corte di giustizia dell'UE
Il ragionamento della Corte consiste nella evidente constatazione che il lavoratoresi trovi in unmero stato didisposizione (una sorta di soggezione) nei confrontidel datore di lavoro, eseguendo le direttive di quest'ultimo.
Si precisa, infatti, che durante lo spostamento il lavoratore non può gestire il tempo in modo libero, ma è obbligato «giuridicamente ad eseguire le istruzioni del proprio datore di lavoro e ad esercitare la propria attività per il medesimo». Se si volesse ammettere la presunta esistenza di una situazione di più ampia autonomia del lavoratore, ci sarebbe subito la tesi atta a contrastarla: il datore di lavoro, ben può chiamare il dipendente per modificargli la scaletta lavorativa di quel giorno. Sono state, quindi, accolte le richieste deidipendenti, di voler far rientrare nel conteggio dell' intero orario lavorativo anche lo spostamento dal proprio domicilio a quello del primo e dell'ultimo cliente.