Sono giornate convulse per il governo Renzi sulla questione della riforma pensioni per il 2015-2016 e, come avevamo anticipato più di una volta, la strategia si è rivelata sempre la stessa: optare per una proposta dell'ultimo minuto con il meccanismo del 'prendere o lasciare'. Così è stato per la riforma della scuola e così, probabilmente, sarà per la riforma del sistema previdenziale. L'ipotesi al vaglio dell'esecutivo, secondo le ultime news e indiscrezioni provenienti direttamente da Palazzo Chigi, sarebbe quella di un'uscita flessibile a 62 o 63 anni d'età con almeno 35 anni di contributi versati: la penalizzazione sarebbe del 3-4% per ogni singolo anno di anticipo sull'età prevista.
Il nuovo meccanismo che prevede una procedura di penalità decisamente più ampia rispetto a quella della proposta Damiano (un 12% contro l'8%) sembra essere predisposto soltanto per le donne: non è chiaro, insomma, se si tratti di una rinnovata 'opzione donna' o di una riforma strutturale delle Pensioni anche per gli uomini. I tempi comunque sono strettissimi: l'idea sarebbe quella di inserire la misura già all'interno della legge di Stabilità 2016, altrimenti si opterebbe per un provvedimento ad hoc e di poco successivo.
I precoci dimenticati dal governo Renzi: ultime news riforma pensioni 2015-2016
L'ipotesi di riforma pensioni per il 2015-2016 allo studio del governo Renzi sembra essere, dunque, pensata soltanto per le donne.
A conferma di questa supposizione arrivano le parole della Binetti di Area Popolare: l'onorevole ritiene che questo meccanismo di flessibilità aiuterebbe molto le donne, le quali, anche in età matura, hanno molte mansioni da svolgere in famiglia, come la cura dei nipoti dovuta al fatto che spesso i figli non possono permettersi un asilo nido privato o una babysitter.
Resta, comunque, un vuoto clamoroso all'interno di questa proposta di flessibilità in uscita: anche se il meccanismo fosse strutturale e pensato anche per gli uomini, a restarne esclusi sarebbero ancora una volta i precoci. La beffa resta la stessa: un lavoratore precoce, che ha iniziato la sua attività, ad esempio, all'età di 16 anni, sarebbe costretto ad andare in pensione non prima di aver compiuto 44 anni di contributi versati (secondo l'adeguamento previsto per il 2016, uno 'scalino' di cui si parla meno).
L'unica soluzione per questa categoria specifica di lavoratori era stata proposta da Cesare Damiano: la sua ipotesi di riforma delle pensioni 2015-2016 prevedeva non soltanto l'8% di penalizzazioni, ma anche la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi versati e a qualsiasi età. Le ultime news sull'intervento del ministro Poletti a Modena sono molto chiare su questo punto, qualsiasi ritocco al sistema previdenziale deve tenere conto dell'aspettativa di vita: un precoce che ha iniziato a lavorare a 15 anni, con 41 anni di contributi andrebbe in pensione a 56 anni; questa età è giudicata troppo bassa e troppo poco sostenibile per il sistema economico e finanziario italiano. Le contraddizioni, dunque, restano intatte: il pericolo è che la strategia dell'ultimo minuto, tipica del governo Renzi, imponga una discussione brevissima e un'accettazione del 'meno peggio'.
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