Fino agli ultimi giorni prima del varo della Legge di Stabilità del 15 ottobre si parlava della riforma delle Pensioni e della flessibilità in uscita. Speranza di molti che via via è scemata di fronte agli eccessivi costi di una riforma che di fatto è stata rimandata ad un futuro più roseo. La Legge di Stabilità però ha prodotto alcuni interventi in materia previdenziale come opzione donna e settima salvaguardia esodati, che erano già in cantiere e ritenuti urgenti. La vera novità del settore però è rappresentata dal cosiddetto part-time pensionistico, “gentile” concessione del Governo a soggetti prossimi alla pensione ai quali manca davvero poco per il raggiungimento dei requisiti necessari per l’uscita dal lavoro.
Di cosa si tratta?
Parliamoci chiaro, il nuovo istituto creato dall’Esecutivo non rappresenta la risposta alla necessità di flessibilità del nostro sistema pensionistico. Il part-time pensionistico è una concessione, uno strumento che consentirà a coloro che sceglieranno questa via alternativa, di lasciare il lavoro a tempo pieno e passare al part-time. Sarà opzionabile da coloro che si trovano a 3 anni dal compimento dell’età pensionabile e ridurrà l’orario di lavoro in percentuale variabile tra il 40% ed il 60%. In altri termini, potranno richiedere questa novità previdenziale coloro a cui mancano 3 anni dai 66 anni e 7 mesi (uomini, per le donne un anno in meno) che è il tetto per la pensione di vecchiaia fissato dalla attuale Legge.
Tutto questo, senza intaccare assolutamente il montante contributivo su cui calcolare la pensione e naturalmente senza avere una incidenza negativa sul futuro assegno pensionistico. La pensione, logicamente, sarà erogata al raggiungimento dell’età prestabilita dalla normativa vigente.
Come funzionerà questo nuovo strumento
Secondo le intenzioni dei legislatori, almeno quelle immaginabili dopo aver preso visione dello strumento, il part-time servirà a concedere una tregua dal punto di vista lavorativo a quei soggetti già stanchi dai troppi anni di lavoro e dalla troppo alta età con cui si va in pensione oggi.
Questo istituto dovrà essere richiesto dal lavoratore e concesso dal datore di lavoro che sarà parte integrante di tutto il provvedimento. Infatti sarà quest’ultimo a a continuare a versare i contributi in maniera piena, nonostante la riduzione di orario.
Questo differenziale entrerà nella busta paga del lavoratore e servirà per non far subire troppo in termini di retribuzione, il passaggio dal tempo pieno a quello ridotto.
Allo Stato resta l’onere di trasformare questi mancati contributi che incasserà in contributi figurativi, così da non diminuire la pensione dei lavoratori. I vantaggi, come evidenziato, sono per tutte le parti in causa. Per il lavoratore, come già detto, si lavorerà in maniera più leggera con lo stesso stipendio (più o meno), mentre per l’azienda, si svecchierà il personale che ha costi più alti e si lancerà il ricambio generazionale senza dover spendere di più. Il provvedimento è soggetto a coperture finanziarie che se dovessero mancare lo faranno slittare di anno in anno.