Assentarsi dal lavoro perché si è infortunati rende compatibile lo svolgimento di incombenze personali che non ritardano la guarigione e che non si possono equiparare, quanto all’impegno richiesto, alle normali prestazioni di lavoro? A detta dell’orientamento giurisprudenziale maggioritario sì perché tali attività di natura personale non ritardino, in qualche modo, la guarigione del dipendente. Da tale assunto ne consegue che a prescindere dall’obbligo di reperibilità del lavoratore, al fine di adempiere all’obbligo della visita fiscale, al lavoratore è sempre permesso fare una passeggiata o recarsi al supermarket per fare la spesa.

Una volta che il medico dell’Inps, abbia effettuato il controllo prescritto dalla legge, che consiste nel fare appunto una sola visita al giorno, il lavoratore è libero di gestire come meglio crede il suo tempo libero, trascorrendo lo stesso anche fuori casa. Resta fermo però il limite di non compromettere la sua convalescenza. Ed è quello che ha fatto una lavoratrice che dopo essersi presa dei giorni di malattia, a seguito di un infortunio sul lavoro è andata a svolgere varie attività attinenti alla sua vita privata. La quale però subito dopo si è vista recapitare a casa una lettera di licenziamento. Senza darsi per vinta si è così rivolta alla magistratura.

Cosa ne pensano i giudici della Cassazione?

Con la pronuncia n.22726del 6.11.2015, i giudici della Cassazione, hanno statuito che se, previo accertamento da parte del consulente d’ufficio, risulta possibile conciliare le condizioni di salute del lavoratore con le incombenze personali svolte fuori casa, proprio perchè le stesse non ritardano la guarigione, esse saranno anche inidonee a mettere in discussione il rapporto di lavoro con il datore di lavoro, determinandone l'interruzione.

Gli ermellini continuano sottolineando che tali attività, appunto perché non implicano un impegno come quello richiesto per le prestazioni lavorative, non si possano equiparare a queste, che invece prevedono vincoli e orari di maggior rilievo. Conseguenza logica è che la lavoratrice può svolgere tali attività fisiche con maggiore elasticità rispetto al lavoro, ben potendo la stessa decidere di riposarsi quando è stanca, così da non compromettere la sua ripresa.

Nel caso specifico poichè le attività extra-lavorative della dipendente non hanno rallentato la guarigione della ferita provocata a seguito dell’infortunio, è da ritenersi illegittimo il licenziamento nei suoi confronti.

Onere della prova dell’inabilità rispetto all’attività lavorativa

I giudici di legittimità, ritengono inoltre che non è onere del lavoratore provare ad ulteriore conferma della certificazione medica la perdurante inabilità rispetto all’attività lavorativa. E’ a carico del datore di lavoro dare la dimostrazione che, in relazione alla natura degli impegni lavorativi attribuiti al dipendente, l’allontanamento dal luogo di abitazione dello stesso per compiere attività di vita privata contrasta con gli obblighi di buona fede nell’esecuzione del rapporto di lavoro.

Ma dato che il datore di lavoro non ha assolto tale onere di prova, i giudici di legittimità, accogliendo la tesi difensiva della lavoratrice, hanno statuito che non può licenziarsi un dipendente che durante l’assenza per un infortunio si è allontanato da casa solo perché esso è andato a fare la spesa. Per info di diritto premi il tasto segui accanto al mio nome.