Il concorso scuola è, indubbiamente, il tema più scottante di questi giorni, visto che oramai dovremmo essere vicinissimi al traguardo (si spera). C'è un altro caso, però, che rischia di inondare il Miur di nuove critiche e di nuove polemiche: si tratta di un decreto riguardante i ricercatori, emesso lo scorso 28 dicembre e che, per il momento, non è stato ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Ricercatori italiani vincitori borse europee ERC e contesi dalle università di tutta Europa

Un altro 'pasticcio' del dicastero di Viale Trastevere in arrivo?

Ebbene, 'Il Fatto quotidiano' di oggi, martedì 23 febbraio, spiega in un articolo la situazione grottesca in cui si verranno a trovare 31 ricercatori italiani, che, dopo aver superato una rigida selezione a livello europeo, sono riusciti, nel novembre 2015, ad ottenere gli ambitissimi finanziamenti dell'ERC (European Research Council): tali finanziamenti permetteranno di dar vita a dei progetti di grande rilevanza, realizzati con l'aiuto di un gruppo di ricerca. I finanziamenti sono di notevole entità, visto che si parla di cifre che toccano persino il milione e mezzo di euro che verranno spesi, nei prossimi cinque anni, presso l'università che ospiterà i ricercatori. Di questi 31 ricercatori italiani, sarebbero 18 quelli che avrebbero, inizialmente, deciso di appoggiarsi a delle università italiane per i loro progetti Starting Grant per una cifra che raggiunge quasi i 24 milioni di euro.

Miur, decreto 'beffa' del 28 dicembre: per i ricercatori solo un contratto a termine

In realtà, questi ricercatori potrebbero seriamente decidere di cambiare la loro decisione e di rivolgersi ad un'università Ue: per quale motivo? Perchè oltre ad essere apprezzati e a portare soldi, questi progetti creano diversi posti di lavoro: in cambio, le università sono disposte ad offrire loro dei posti come docenti, anche ordinari.

E in Italia, invece, cosa si fa? Torniamo al decreto del 28 dicembre, il quale ha stabilito, tra l'altro, che i vincitori di uno Starting Grant potranno essere chiamati da un'ateneo nazionale solo come ricercatori a tempo determinato (contratto triennale non rinnovabile). Tutt'al più, questi ricercatori, scaduti i tre anni, potranno sperare in un posto come professore associato, sempre che l'ateneo dia il suo benestare e che i ricercatori ottengano l'abilitazione.

Insomma, ricercatori contesi da tutta Europa che l'Italia si lascia scappare per non essere in grado di garantire loro un semplice posto di lavoro a contratto indeterminato.