Nella notte tra il 4 e il 5 aprile, l’ARAN, l’Agenzia per la contrattazione incaricata di aprire la discussione con i sindacati su varie questioni per i lavoratori statali, ha raggiunto un primo importante obiettivo. Infatti, c’è stata la fumata bianca: i comparti da 11 diventano 4 e così si completa l’opera di riforma partorita dal Governo Berlusconi e dall’allora Ministro Brunetta. Adesso si potrà procedere spediti verso un’altra spinosa questione, quella del rinnovo dei contratti bloccati da troppo tempo.

Icomparti diventano quattro

Da 11 comparti riconosciuti ed effettivi, adesso si passa ad appena 4 (semplificando, almeno questo è quello che pensa la Madia, tutta la struttura del lavoro pubblico) che sono Sanità, Funzioni Centrali, Funzioni Locali e Istruzione e Ricerca.

Insieme ai comparti, si riducono le aree dirigenziali e sicuramente diminuiranno anche le sigle sindacali. Proprio il destino dei sindacati, soprattutto di quelli più piccoli, era il motivo per il quale la chiusura della questione non sembrava arrivare. Infatti, fino ad oggi nei vari comparti erano presenti, e quindi avevano potere di trattativa, anche piccole sigle che avevano visto eleggere alcuni rappresentanti nelle votazioni delle Rsu.

Con l’aggregazione in 4 grandi aree di tutti i lavoratori, il rischio di far sparire queste piccole, ma democraticamente rappresentative entità, è reale perché è confermata la soglia di sbarramento del 5% tra voti e deleghe. I sindacati hanno firmato l'accordo perché hanno ottenuto, in primo luogo, il congelamento delle elezioni già effettuate, che di fatto conferma i rappresentanti già eletti.

Poi è stato dato l’ok a potenziali unioni sindacali in sede di votazione, cioè si permetterà a piccole sigle di unirsi per vedere di raggiungere il 5% necessario per essere rappresentative.

Contratti, cosa succederà adesso?

La scusa dei comparti, se così vogliamo chiamarla, usata per giustificare il ritardo con cui si sta affrontando la vicenda della sentenza della Consulta e dello sblocco dei contratti, adesso non c’è più.

Ormai è risaputo che la Corte Costituzionale ha intimato al Governo di provvedere a sbloccare i contratti per il pubblico impiego, fermi da oltre 6 anni per via del Governo Monti e della crisi.

La cifra stanziata in Legge di Stabilità è di 300 milioni di euro, pochi in relazione agli anni di blocco, ancora di meno se si pensa che i lavoratori interessati sono oltre 3 milioni.

Significa che il nostro Esecutivo ha stanziato poco meno di 10 euro lordi al mese per dipendente, ed i sindacati non sono propensi ad accettare quella che considerano solo una “mancia”. Il pressing dei rappresentanti dei lavoratori adesso entra nel vivo, perché alle porte c’è il DEF, il Documento di Economia e Finanza, che dopo la Legge di Stabilità è l’atto governativo più importante dal punto di vista economico.

Probabilmente il 10 aprile, giorno in cui dovrebbe essere reso pubblico il documento, ci potrebbero essere sorprese per il contratto degli Statali. Il DEF, infatti, elencherà i capitoli di spesa e le relative somme che il Governo prevede di utilizzare a stretto giro per una serie di interventi.

La speranza che nel DEF vengano inserite cifre indirizzate alla questione contratti, non è campata in aria. Sicuramente, dopo il 10 aprile si avrà con maggiore chiarezza il quadro della situazione e si capirà se la Madia manterrà le promesse fatte, che parlavano di cifre provvisorie in riferimento ai 300 milioni della Legge di Stabilità.