Tra i temi di cui si sta occupando in questo periodo il Governo, c'è sul tavolo la delicata e importante questione degli aumenti retributivi dei dipendenti pubblici. Il prossimo contratto presenterà questa variante importante, che però riguarderà solo ed esclusivamente i lavoratori a basso reddito, quindi, circa 800 mila dipendenti che guadagnano al di sotto dei 26 mila euro lordi annui.

Riforma comparti della P.A.

La notizia è stata resa nota dal ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia. Si attende al momento la decisione del Consiglio dei ministri, che ha previsto la riduzione degli undici comparti contrattuali del pubblico impiego a quattro, una riforma della PA, passata in sordina, che però potrebbe comportare in futuro grandi cambiamenti per i dipendenti pubblici, un esempio: la mobilità tra un comparto e l'altro della Pubblica Amministrazione, potrebbe portare i dipendenti, come detto già in passato, lontano dalla propria residenza.

La riforma della PA riduce gli undici comparti a quattro come segue: funzioni centrali, formate dai ministeri, dalle agenzie fiscali, dagli enti pubblici non economici (247 mila dipendenti); funzioni locali, formate dalle Regioni e dalle autonomie locali (457 mila dipendenti); istruzione e ricerca, formati dalla Scuola, le università, gli enti di ricerca (1,1 milioni di dipendenti); sanità (531 mila dipendenti).

La riforma porterà anche aggregazioni tra i sindacati.

Riguardo agli aumenti sono stati stanziati poco più di 300 milioni, da destinare a ben 3,2 milioni di dipendenti pubblici, garantendo ad essi una somma irrisoria di circa dieci euro a testa, la Madia, secondo quanto ha lei stessa dichiarato giustifica la somma, dicendo che ormai non c'è più l'inflazione (infatti siamo in deflazione).

Le dichiarazioni della Madia sono destinate ad alzare un polverone, sono anni che si attendono gli aumenti contrattuali, e non è una questione d'inflazione, ma di adeguamento agli stipendi italiani a quelli europei, anche in relazione alle nuove incombenze che ogni giorno i docenti e gli impiegati della scuola sono chiamati a svolgere.

Per non parlare degli stipendi da miseria dei collaboratori scolastici, che al di là delle mansioni sono ugualmente troppo bassi. Sarebbe giunto il momento di procedere a sostanziali aumenti, magari partendo dai redditi più bassi sì, con aumenti più corposi, ma comprendendo anche quelli più alti.

Richieste Anief su aumento statali

I sindacati che cosa faranno contro questo aumento irrisorio degli stipendi? Ma soprattutto, come si muoveranno contro la volontà palese, di non voler procedere ad alcun aumento per chi ha un reddito più alto? Già forti della sentenza della Consulta e di anni di richieste di adeguamento degli stipendi degli statali italiani, i sindacati certamente non accetteranno una simile burla, perché di questo si tratta. 

I docenti oggi sono costretti a relazionarsi con alunni sempre più difficili e classi troppo numerose, e gli impiegati delle segreterie, dato l'ingrossamento degli istituti scolastici e conseguentemente all'aumento del numero di docenti e alunni, hanno un maggior carico di lavoro per cui non sono adeguatamente retribuiti.

Secondo una stima dell'Aran di dicembre 2015, l'Anief aveva calcolato che per allineare gli stipendi al costo della vita, spetterebbe ai docenti un'indennità di vacanza contrattuale pari a 110 euro, e la somma salirebbe a 220 euro con gli aumenti, e sarebbero necessari non 300 milioni, ma tra i 5 e i 10 miliardi l'anno per l'aumento salariale.

Alla luce della richiesta sindacale di 220 euro di aumento (che sono pur sempre ben poco, per un vero adeguamento) è assurda la proposta di dare 10 euro a testa di aumento e neanche a tutti. Il nostro governo dovrebbe impegnarsi a trovare i soldi necessari, per rinnovare il contratto fermo dal 2009, e a fare nuove assunzioni sia per gli Ata che per i precari non ancora stabilizzati delle PA, un vero slancio all'occupazione italiana.