In agenda sono già stati fissati due nuovi incontri per completare il lavoro di riforma del mondo pensionistico italiano. Il 29 luglio ed il 5 agosto al tavolo torneranno ad incontrarsi il Governo ed i sindacati per vedere di trovare una sintesi sugli interventi che saranno ratificati probabilmente a settembre. Dando ormai per scontato l’ingresso nella nostra previdenza dell’Anticipo Pensionistico (APE), con la pensione prestata dalle banche e poi da restituire, restano aperti gli altri temi caldi delle Pensioni, tra cui quota 41.

L’obiettivo si sposta sui lavoratori precoci

Sull’APE si valuta solo di ridurre l’impatto della rata da restituire per categorie svantaggiate quali i disoccupati di lunga data o attuali, le famiglie numerose o le pensioni basse. Per il resto tutto sembra filare liscio come l’olio, con buona pace di chi è contrario all’ingresso nel sistema previdenziale degli istituti di credito. Nei prossimi incontri, con tutta probabilità, si parlerà molto delle necessità di quei lavoratori che hanno iniziato a lavorare molto giovani, i famosi precoci. Si tratta di una delle categorie più penalizzate dalla Legge Fornero, che ha eliminato la pensione di anzianità che permetteva l’uscita a 40 anni di contributi e 60 anni di età.

Adesso per tutti la linea di arrivo per la quiescenza è stata fissata a 42 anni e 10 mesi e nei prossimi anni l’asticella dovrebbe salire ulteriormente. Ecco perché continua incessante il lavoro del Gruppo Facebook “Lavoratori Precoci uniti a tutela dei propri diritti” e di altri comitati che vogliono una soluzione a questa evidente penalizzazione.

La soluzione auspicata da tutti è la quota 41, senza penalizzazioni di assegni e senza limiti anagrafici, ma dal Governo sembra che questa via sia impossibile da perseguire.

Ecco pronta una soluzione

Indiscrezioni e voci più o meno fondate, dicono che le prerogative dei lavoratori precoci saranno affrontate e risolte proprio al tavolo della discussione.

La soluzione su cui lavora il Governo sarà però, probabilmente contestata da molti. Infatti sembra prendere piede l’idea dello sconto contributivo, una sorta di bonus sui contributi versati dai lavoratori prima di diventare maggiorenni. SI tratta di aumentare del 50% il valore dei contributi versati durante la minore età. Per esempio, un lavoratore che ha lavorato a partire dai sedici anni, avrà utili al calcolo dei propri contributi, 3 anni invece di 2 per quanto concerne i due anni di versamenti prima dei 18 anni. In parole povere, un anno di sconto sul montante dei contributi da raggiungere per la pensione che così scenderebbero da 42 anni e 10 mesi a 41 e 10 mesi.

Naturalmente, meno anni di contributi versati ci sono prima del diciottesimo anno di età, meno sconto si otterrebbe in termini di requisiti per la quiescenza.

Lo scetticismo su questa idea nasce anche dal fatto che la platea dei lavoratori precoci, si ridurrebbe di molto, riducendo la spesa per le casse statali che poi è il motivo principale per cui quota 41 non può essere concessa. In questo modo si agevolerebbe la pensione per chi ha lavorato molto durante la minore età, ma non si aiuterebbero persone che magari hanno iniziato a versare a partire dai 18 anni. Si copierebbe in sostanza un punto della riforma Dini che permetteva questo tipo di agevolazione per chi aveva iniziato a lavorare dopo il 1995 ricadendo completamente nel sistema contributivo.