Dopo il week end, da domani si ricomincerà a lavorare sulle misure previdenziali da inserire nella Legge di Stabilità. Ricominceranno i discorsi sull’APE, sui favorevoli e sui contrari al prestito bancario che chiamano pensione anticipata e su come far pesare il meno possibile la rata mensile da restituire quando arriverà il momento. In quest’ottica, interessante l’intervista rilasciata al quotidiano “Il Corriere della Sera”, dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Nannicini, che insieme a Poletti rappresenta i vertici del Governo che si siedono con i sindacati nei ripetuti incontri.

Ecco le parole del Sottosegretario e cosa ha in mente di fare per rendere più simpatica l’APE agli italiani.

Flessibilità in uscita gratuita? Impossibile

Nessuna illusione è possibile quando si parla di concedere l’uscita dal lavoro in anticipo. Di gratuito non ci potrà essere mai niente, viste le esigue risorse disponibili nelle casse statali. Necessario chiedere, come al solito, un sacrificio ai lavoratori e futuri pensionati, sacrificio sotto forma di penalizzazioni di assegno. Questo si che è un meccanismo che funziona alla perfezione, perfettamente oliato, prassi consolidata, cioè penalizzare gli importi di pensione ai lavoratori in base a quanti anni di anticipo lasciano il lavoro. Succede già con opzione donna ed è presente, anche se con differenti percentuali di taglio, in tutte le proposte di flessibilità pensionistica, anche quelle più famose di Damiano e Boeri.

Anche l’APE non è da meno, perché è vero che concede la possibilità di anticipare di 3 anni l’uscita per la pensione di vecchiaia, ma a conti fatti, dopo i tre anni, l’assegno di un pensionato verrà tagliato della rata di prestito da restituire. Nannicini nell’intervista conferma come la flessibilità non possa essere gratis, ma si studiano modi per farla pagare poco alle Pensioni più basse.

Il meccanismo su cui si lavora è quello delle detrazioni fiscali, cioè di quegli sconti sulle imposte che potrebbero ridurre quasi a zero l’importo della rata per le pensioni più povere. Naturalmente, anche se non lo si dice mai, appare scontato che la parte di soldi rilasciati dalle banche che verrebbero in qualche modo non restituiti dai bisognosi, saranno chiesti sicuramente alle pensioni più ricche.

Ipotizzare che una banca operi come per beneficienza è alquanto innaturale.

Come valutare lo stato di bisogno?

Dopo ogni appuntamento già passato, tra Governo e sindacati, i resoconti parlano di discussione che verte su APE, ricongiunzioni onerose, esodati, precoci e sulla distinzione tra misure di previdenza ed misure di assistenzialismo. Per i sindacati questo è fattore necessario da inserire nella nostra previdenza sociale. Le prestazioni previdenziali, sono quelle che derivano da quanto un lavoratore ha destinato per la propria pensione futura. Quelle assistenziali invece sono prestazioni a sostegno di soggetti in difficoltà, a prescindere dalla loro storia lavorativa. Si tratta dell’anomalia che ha creato la polemica sul rischio di adeguare la reversibilità o pensione ai superstiti, al reddito della vedova, senza tenere conto dei contributi versati dal defunto.

Strumento principale per ottenere prestazioni assistenziali è l’ISEE, quel documento che attesta lo stato di salute economica di una famiglia, con tutti i propri averi distinti tra redditi di lavoro o pensione, redditi immobiliari, risparmi bancari o postali e parco auto e moto. In netta controtendenza rispetto alla distinzione tra le due cose, Nannicini ha sottolineato come le riduzioni minime sugli assegni di pensione bassi, dovrebbe essere fatta valutando i redditi del pensionato e quindi presentando insieme alla domanda di anticipo della pensione, anche l’ISEE. Sembra quasi che anche la pensione stia diventando una specie di bonus, un sussidio per indigenti, alla faccia di tutte le polemiche sulla lotta alla povertà e sui disagi sociali.