La questione della 'chiamata diretta', come è stato sottolineato da più parti, rappresenta il vero e proprio fulcro della riforma della 'Buona Scuola', in quanto rivoluziona completamente le modalità mediante le quali i docenti vengono assunti: non si parlerà più di graduatorie, ma sarà il preside, con l'ausilio di determinati criteri e requisiti, a scegliere quale insegnante dovrà entrare a far parte del 'proprio' organico. Il colloquio, dunque, avrà ancora una funzione determinante: l'idea che ha mosso la riforma è che il preside, come ogni altro dirigente pubblico o privato, deve poter utilizzare strumenti di 'autonomia' per gestire al meglio la propria 'azienda'.

Questo è stato il nodo del contendere: la scuola può essere considerata un'azienda? Nel frattempo, il tavolo di trattativa tra sindacati e Miur è saltato, proprio quando si stava per raggiungere un possibile accordo su una sequenza contrattuale che inserisse elementi di 'oggettività' nella dinamica della 'chiamata diretta': nei giorni scorsi, alcune associazioni di presidi hanno inviato una lettera alle autorità, tra cui Mattarella, Grasso, Boldrini e, ovviamente, la Giannini per evitare che la 'chiamata diretta' venisse 'liquidata'.

La lettera alle autorità sulla 'chiamata diretta'

La lettera delle associazioni di presidi può essere consultata sul sito dirigentiscuola.org e le polemiche nel mondo della scuola sono montate immediatamente.

Nella missiva, infatti, inviata il 12 luglio 2016 in piena contrattazione e poco prima che saltasse il tavolo, si sottolineavano alcuni aspetti e soprattutto il fatto che il dirigente scolastico deve esercitare le medesime funzioni degli altri dirigenti pubblici tramite la chiamata diretta: indicare le linee che la scuola deve seguire, individuare il personale da inserire nell'organico, la possibilità di tenere il 10% dei docenti per altre attività di carattere strumentale, assegnare il bonus ai docenti ritenuti meritevoli.

La lettera prosegue poi con un attacco diretto ai sindacati che avrebbero strappato e starebbero strappando, in sede politica, accordi con il Miur che non solo farebbero male alla scuola ma rappresenterebbero anche un modo per non rispettare il dettato della legge 107 del 2015: la contrattazione dei sindacati sarebbe illegale in quanto trasformerebbe punti chiave di una legge dello Stato.

La richiesta dei presidi e le polemiche sulla 'chiamata diretta'

La richiesta dei presidi è semplice e chiara: contro i sindacati che intendono bloccare il processo di autonomia della scuola e per evitare che anche la 'chiamata diretta' e il 'bonus merito' vengano riformati, si chiede che venga fatta rispettare la legge. La lettera sta provocando grandi polemiche all'interno del mondo della scuola per un motivo fondamentale che riguarda la tempistica: non appena è iniziato il pressing da parte delle associazioni di presidi, la contrattazione con i sindacati è saltata in maniera definitiva (proprio quando si riteneva che un accordo potesse essere raggiunto). Per aggiornamenti, cliccate su 'Segui' in alto sopra l'articolo.