Il sistema previdenziale italiano oggi ha diverse problematiche che sono state ereditate dall’ultima riforma pensionistica, quella del Governo Monti e dell’allora Ministro Fornero. L’ultima riforma delle Pensioni (laFornero) è datata 2011, periodo di grave crisi economica e di spread. Quel Governo chiese pesanti sacrifici agli italiani, primi tra tutti i pensionati o futuri tali. Uno degli interventi più pesanti fu l’inasprire i requisiti pensionistici sia per la pensione di vecchiaia che per quella anticipata, o di anzianità come si chiamava una volta.

Sta di fatto che ancora oggi esistono soggetti che stanno subendo il colpo di quegli inasprimenti. Ecco perché oggi si pensa a lenire la situazione, correggendo il sistema pensionistico, anche se, a dire la verità, non si pensa a revocare la Fornero.

Usuranti oggi e domani

Una categoria particolare di lavoratori sono quelli impegnati nei cosiddetti lavori usuranti. Sul sito ufficiale dell’INPS, alla voce usuranti sono elencati una serie di soggetti che per via della tipologia di lavoro pesante che svolgono, godono di un trattamento privilegiato quando si tratta di andare in pensione. L’istituzione di questa categoria di lavoratori ha avuto i natali nel 1999 con un decreto del Ministero del Lavoro pubblicato in Gazzetta ufficiale il 4 settembre.

Il vantaggio riservato a questi soggetti, in termini pratici consta in 5 anni di anticipo sull’uscita dal lavoro (o meglio 4 se si considera il meccanismo delle finestre mobili), con il sistema delle quote. L’uscita anticipata oggi è fissata a 61 anni e 7 mesi di lavoro ma per il meccanismo della finestra di uscita, bisogna attendere ancora 12 mesi per la quiescenza.

Un primo correttivo che si pensa di inserire è l’eliminazione delle finestre che consentirebbe ai lavoratori di uscire davvero al compimento di 61 anni e 7 mesi con 35 anni di contributi. Un secondo correttivo sarebbe quello dell’eliminazione dei mesi aggiuntivi relativi all’aspettativa di vita, fattore questo su cui i sindacati spingono molto perché l’aumento della vita media come calcolato dall’Istat, non tiene conto delle differenti tipologie di lavoro.

Infine si valuta di ampliare le categorie di lavoratori che rientrano tra questi, includendo gli edili, i gruisti, gli iscritti al Fondo Ferrovie dello Stato, gli invalidi e chi assiste familiari disabili. I correttivi appaiono necessari anche alla luce di alcuni paletti che entrerebbero in vigore dal 2017 in assenza di interventi. La Legge attuale ha previsto infatti che dal prossimo anno, per andare in pensione, sempre relativamente ai lavori usuranti, sarà necessario averli svolti per la metà della vita lavorativa e per 7 degli ultimi 10 anni di lavoro.

Per i precoci intervento minimo?

Altra categoria di lavoratori da tutelare sembra siano quelli che hanno iniziato a lavorare molto giovani.

Si tratta dei precoci, soggetti che prima della Fornero potevano lasciare il lavoro al raggiungimento di 40 anni di contributi senza vincoli anagrafici e che oggi, devono aspettare i 42 anni e 10 mesi. Per i lavoratori e per i comitati che si sono creati e che richiedono un trattamento in salvaguardia dei loro diritti, sarebbe da inserire la ormai famosa quota 41. La vasta platea di soggetti che rientrerebbero e gli alti costi che lo Stato dovrebbe sostenere per mandare in pensione tutti i precoci già dal 2017, appaiono oggi insostenibili. Ecco perché prende piede il bonus contributivo, che anziché coprire tutta la platea di precoci, consentirebbe un anticipo solo a coloro i quali hanno iniziato a versare contributi prima dei 18 anni.

Si tratta quindi di distinguere i precoci tra i precoci, concedendo un bonus tra il 40 ed il 50% per ogni anno di versamenti durante la minore età. Un lavoratore con 3 anni di contributi tra i 14 ed i 18 anni, potrebbe far valere 4 anni e mezzo di contributi anziché 3, uscendo a 41 anni invece che a 42 e 10 mesi di contributi.