Sembrava che tutto filasse liscio come l’olio, con il Governo che era convinto di aver trovato la giusta soluzione ai problemi pensionistici, la soluzione che faceva tutti contenti. Invece, una delle tre grandi sigle sindacali, “ospiti” dei tanti incontri fin qui avuti sul tema pensionistico, la CGIL è uscita con violenza contro l’APE, che poi è la trovata del Governo per rispondere alle richieste di flessibilità. A dire il vero, questa presa di posizione della CGIL, ma forse sarà la stessa anche per le altre sigle sindacali oggi più caute e più aperte anche sull’APE, non coglie di sorpresa nessuno, perché i sindacati si sono detti soddisfatti del fatto che il Governo abbia aperto la discussione, che si sia dimostrato aperto ad ascoltare altre posizioni, ma non hanno mai detto di sposare in pieno le misure a cui lavora l’Esecutivo.

La Camusso contro l’APE

Il Segretario della CGIL, la Camusso fin dall’inizio ha dimostrato di essere contraria agli incontri che si ripetevano a ritmo forsennato, auspicando una chiusura rapida dei provvedimenti. Ad oggi l’unica cosa in comune tra Governo e sindacati è la consapevolezza di ciò che va fatto, dei problemi previdenziali che affliggono gli italiani. Tutti sanno che esistono le minime troppo vicine alla soglia della povertà, che la Fornero ha innalzato troppo le soglie per uscire dal lavoro, che il sistema previdenziale habisogno di una flessibilità in uscita che oggi manca. Senza parlare di Usuranti, precoci ed esodati, altri gravi ed urgenti problemi da affrontare. Il 12 settembre, quando il Governo di fatto metterà nero su bianco le soluzioni che ha trovato, saranno proprio su queste che inizieranno i problemi.

In primo luogo l’APE, che la Camusso continua a definire un favore alle banche, un modo per garantire clienti agli istituti di credito. Era difficile ipotizzare che sulla pensione erogata in prestito, naturalmente da restituire, con rate mensili e per 20 anni, i sindacati fossero d’accordo. Per la Camusso il rischio concreto è che l’APE sia l’ennesimo flop come il part time pensionistico.

Infatti, per il part time, pochi hanno aderito alla riduzione di orario di lavoro per chi si trovava a 3 anni dalla pensione, perché sicuramente di scarso appeal per soggetti che volevano lasciare il lavoro per godersi la meritata pensione. Con l’APE invece, i lavoratori dovranno accettare di indebitarsi, quasi a vita, dai quasi 67 anni agli 87, per ottenere 3 anni prima una pensione che poi risulterà anche penalizzata.

SI torna a parlare di mobilitazioni

La quattordicesima anche a Pensioni più alte e di importo maggiore per chi già la percepisce, la pensione in anticipo e senza danni collaterali per chi svolge lavori pesanti o per chi ha iniziato giovane a lavorare, le ricongiunzioni gratuite, opzione donna da estendere e l’ottava salvaguardia. Queste sono le questioni a cuore alla SPI-CGIL, al suo segretario Pedrettie su molte di queste, l’intenzione del Governo sembra quella di posticipare gli interventi all’anno prossimo o a trovare soluzioni tampone che salvaguarderanno pochi lavoratori. Il Sindacato si aspetta risposte certe a settembre, anche considerando che saranno resi pubblici i risultati delle sperimentazioni e dei contatori di lavoratrici donne ed esodati.

Il sindacato minaccia mobilitazioni massicce se come sembra, le cifre che stanzierà il Governo, quelle che Poletti giorni fa definì massicce, si fermeranno ad 1,5 miliardi, rispetto ai quasi 3 che chiede la CGIL. Con 1,5 miliardi, di cui il 40% spesi per rendere meno pesante la rata di APE per i soggetti meritevoli di tutela, resterebbe poco per le altre problematiche. Ecco perché non si potrà trovare una soluzione se alla quota 41 viene preferito un bonus contributivo per veramente sotto i 18 anni, se la quattordicesima verrà ritoccata solo ad anno in corso (o forse con la Legge di Stabilità 2018) o se si continuerà a intervenire con pezze che servono a poco, senza sfiorare minimamente la Legge Fornero ancora viva e vegeta.