Un album dei ricordi (che, secondo qualcuno, presto diventeranno ricorsi), di rivendicazioni e di testimonianze (tutte negative) che molte docenti arrabbiate della scuola primariastanno mettendo in mostra sulle pagine della nota piattaforma di informazione. Tutte raccontano la propria esperienza di vittima sacrificale, a seguito di un sistema normativo sempre più 'impazzito' e incontrollabile da qualsiasi punto di vista lo si vuole vedere.

Parlano le precarie storiche delle GaE deportate al nord

In queste ore si sta costruendo, attraverso le pagine di informazione della nota piattaforma web Fanpage.it un movimento di protesta senza precedenti.

A rivendicare la cancellazione e la perdita di qualsiasi diritto precedentemente acquisito, sia come lavoratrici che come donne, sono molte ex docenti precarie della Scuola primaria, circa 6.500 insegnanti dai dati in nostro possesso, collocate da anni nelle GaE, le quali l’anno scorso sono state assunte grazie alla Buona Scuola di Matteo Renzi; una riforma scolastica considerata da tutti, anche dagli addetti ai lavori, una vera e propria legge ‘strampalata’, ma regolarmente in vigore, purtroppo, sin dal 13 luglio del 2015.

I racconti parlano di ingiustizie e vessazioni contro una professione nobile e dignitosa come quella delle insegnanti, costrette, fra qualche settimana, a subire l’ennesima deportazione di massa, dal sud al nord della nostra penisola.

Si parla di smistamento di massa di insegnanti meridionali in quasi tutte le regioni del nord, a ricoprire le innumerevoli cattedre vacanti dell’Italia settentrionale. La questione che rammarica maggiormente queste lavoratrici è una sola: ancora non si conoscono i criteri e le procedure riconducibili a delle vere e proprie ingiunzionie precetti del tutto immotivati, fuori da ogni logica e cognizione di causa.

Un vero e proprio sconvolgimento esistenziale per molte donne. Chi penserà ai nostri figli?

Le deportate sono quasi tutte donne. In tante, oramai, sono le lavoratrici della scuola pubblica esasperate dalle notizie giunte il 29 luglio scorso a proposito degli strani trasferimenti. Le stesse insegnanti, in tutti questi anni, hanno fatto della precarietà il loro modus vivendi.

Alcune di loro sono ultra quarantenni e immesse in ruolo l’anno scorso attraverso la proposta di assunzione, all’insegna dello slogan ‘prendere o lasciare’. Oggi, a distanza di quasi un anno, queste persone si troveranno a dover necessariamente fare una scelta: lasciare perdere tutto, nonostante il superamento dell’anno di prova, oppure continuare a fare questo lavoro, decidendo di rinunciare, nello stesso tempo, di svolgere bene e serenamente l’importante ruolo di mamme e di mogli, forse l’unica cosa più importante per una donna prima di tutto.

La democrazia vince sempre sul buonsenso e sul rispetto degli altri?

Ci si chiede, infine, come sia stato possibile che la politica scolastica abbia generato tutta questa indifferenza, superficialità, cercando di ideare un modo talmente brutale di calpestare la dignità e i diritti di molti lavoratori della scuola, i quali prima di essere considerati tali non bisognava dimenticare che erano, prima di tutto, persone in carne ed ossa, legati alle loro famiglie, ai loro affetti e capaci di volere bene ai propri amici e alla propria terra.

Invece, nonostante le innumerevoli proteste della scorsa estate e le proverbiali profezie dei sindacati che ne annunciavano lucidamente i lugubri risvolti attuali, quella che si chiama oggi ‘democrazia’ sta mietendo ancore vittime.

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