Anche se qualcuno ancora nutre dubbi circa l’accordo ormai siglato tra sindacati e Governo sull’argomento anticipo pensionistico o APE che dir si voglia, la sensazione è che tutto sia ormai fatto o quasi. Si potrà ritoccare la platea di sovvenzionati da quella che ormai viene definita APE sociale, cioè gli sconti o le esenzioni sulle penalizzazioni per soggetti in difficoltà, ma ormai la flessibilità nel mondo delle Pensioni ha un nome ed una misura pronta. Dal 1° gennaio 2017, con tutta probabilità, si potrà lasciare il lavoro con 3 anni e 7 mesi di anticipo attraverso un prestito pensionistico ricevuto dall’INPS ma di fatto finanziato da un istituto di credito ed il 21 settembre, nell’incontro politico sul tema previdenziale già in calendario, tutto sarà confermato.
APE sociale per quelli in difficoltà
I contestatori di questa nuova misura di flessibilità in uscita continuano ad essere tanti. L’ultimo a prendere la parola, come sempre in maniera piuttosto plateale è il leader della Lega Nord Matteo Salvini che addirittura minaccia la raccolta firme per un referendum contro l’APE. Molti considerano l’APE come un favore fatto alle banche, favorendo la loro ricerca di nuova clientela ed i loro guadagni. Una analisi riportata dal noto settimanale “L’Espresso” evidenzia proprio come nei tagli di assegni che subiranno i pensionati nel momento in cui inizieranno a restituire i soldi dell’anticipo, una buona fetta saranno proprio gli utili delle banche. Disoccupati, invalidi e soggetti che hanno problemi di disabilità in famiglia, con pensione fino a 1200 euro, probabilmente avranno la rata azzerata dalle detrazioni fiscali.
Per soggetti in condizioni di svantaggio quindi, lo Stato interverrà a bonificare i tagli di assegni prodotti dall’anticipo. Quando si tratta però di agevolazioni, di aiuti economici statali, si deve fare sempre i conti con requisiti e soglie. Anche l’APE sociale sarà così, probabilmente con requisiti che vanno confermati anno per anno per vedersi confermate le detrazioni che magari, al migliorare della situazione complessiva del soggetto beneficiario, potrebbero andare perdute.
In quel caso o con l’APE normale o con quella agevolata, sarebbero dolori.
Utili per le banche e tagli per i pensionati, ecco le cifre
Come dicevamo, l’anticipo, anche se erogato fisicamente dall’INPS, utilizza soldi di una banca che vengono prestati al pensionato. Le banche in genere non lavorano gratis, quindi in linea di massima si possono ipotizzare cifre gonfiate dai soliti interessi.
Sempre le banche poi, non lavorano sulla fiducia o sulla parola, ma cercano garanzie che riducano i suoi rischi. Ecco perché oltre che gli istituti di credito, nel pacchetto APE entreranno le Compagnie di Assicurazione che copriranno i rischi delle banche nel prestare soldi ai pensionati. Il rischio premorienza per esempio, cioè la scomparsa prematura di un pensionato che non ha completato la ventennale restituzione del prestito pensionistico. Anche le assicurazioni lavorano sotto compenso, quindi la rata di APE comprenderà questi costi. L’analisi citata precedentemente infatti fa il conto su tutti questi fattori dimostrando come a fronte di una uscita anticipata di 3 anni del lavoratore, chi davvero guadagna è la banca.
Ipotizzando un pensionato (non tutelato dalle detrazioni fiscali) con pensione di 1.000 euro nette al mese, accettando l’APE 3 anni e 7 mesi prima, perderà circa il 25% di assegno, cioè perderà 250 euro al mese per 20 anni. In definitiva, a fronte di 39.000 euro anticipatamente percepiti dal pensionato (comprese le tredicesime), il pensionato dovrà restituirne 65.000, comprensivi evidentemente degli interessi bancari e di altri oneri tra cui le spese assicurative.