L’incontro del 12 settembre tra Governo e sindacati, se da un lato ha confermato l’APE e probabilmente gli interventi su quattordicesime e ricongiunzioni, dall’altro lato ha parzialmente deluso i lavoratori precoci. Anche le parole di Poletti riportate da una ultimissima news dell’ANSA non fanno ben sperare. Il Ministro ha detto che Quota 41 avrebbe costi troppo alti e quindi niente da fare, o quasi. La speranza è che l’incontro odierno tra una delegazione del Gruppo Facebook, “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti” ed il Sottosegretario Nannicini, dia nuova linfa a quella quota 41 tanto auspicata.

Intanto, come riporta il sito Internet “quotidiano.net”, si sta pensando di aprire l’APE anche ai precoci, ecco come.

APE anche per la anticipata?

L’APE è uno strumento che risponde alla richiesta di flessibilità del mondo del lavoro e delle Pensioni, questo è innegabile. SI può contestare la forma, ma che consenta di lasciare il lavoro prima è fuori discussione. L’APE però è uno scivolo per coloro che attendono di raggiungere l’età anagrafica utile alla pensione di vecchiaia, non a quella che una volta si chiamava di anzianità, che poi sarebbe quella che chiedono i precoci. L’APE consente di lasciare il lavoro a 63 anni invece che a 66 anni e 7 mesi, con almeno 20 anni di contributi. I precoci invece chiedono l’uscita dal lavoro con 41 anni di contributi, a qualsiasi età si raggiunga quel montante di versamenti.

La vasta platea di lavoratori che potrebbe sfruttare l’uscita a 41 anni di versamenti ha costi troppo elevati per le casse dello Stato, almeno per come stanno oggi. Su questo Poletti è stato chiarissimo, non ci sono soldi a sufficienza. Nel frattempo, in rete, come dicevamo prima è comparsa una nuova indiscrezione, quella che dice di un Governo che valuta di concedere l’APE a chi ha raggiunto i 41 anni di contributi.

Sarebbe una pensione erogata in prestito anche questa, ma per i lavoratori sarebbe a costo zero perché si farebbero rientrare i precoci tra quelle categorie di lavoratori a cui verrà concesso il bonus fiscale che azzererà la rata da restituire e quindi il taglio di assegno. A livello di costi, appare evidente che avrebbe lo stesso impatto sui conti pubblici, solo che le uscite sarebbero coperte dalle banche nell’immediato e per lo Stato sarebbero spostate almeno al 2019.

Sembra una soluzione tampone che servirebbe solo per dare ossigeno ad un Governo che perde costantemente consensi e che si trova a dover affrontare la partita referendaria con evidenti rischi flop. Nello specifico poi si consentirebbe l’utilizzo di quota 41 solo per un paio di anni, quelli della sperimentazione dell’APE.

Le ultime speranze affidate al nuovo summit

Per il Governo sarebbe più economica l’operazione quota 41 ridotta ai lavoratori che hanno versato contributi prima dei 18 anni. SI tratta del bonus contributivo che però, non coprirebbe tutti i precoci interessati dall’uscita. Damiano, il Presidente della Commissione Lavoro della Camera è il più importante sponsor di quota 41 avendola fatta parte integrante della sua proposta di flessibilità previdenziale.

Più volte ha ribadito la necessità di intervenire sul tema perché è impensabile di far restare al lavoro gente che ha già oltre 40 anni di contributi, ma che deve attendere di raggrupparne ben 42 e 10 mesi come fissato dalla Legge Fornero. Per il Governo nessun dubbio sulla bontà delle richieste, ma sono le coperture il problema maggiore. Probabilmente questo è quello che verrà ribadito da Nannicini alla delegazione che è riuscita a strappare un incontro per oggi 14 settembre. Le possibilità di riuscita di questo negoziato si riducono sempre di più man mano che passano i giorni e che si avvicina il 21 settembre, giorno fissato per la chiusura della trattativa Governo-sindacati sul tema previdenziale.