Ieri sera, dopo l’incontro tra Governo e sindacati, in rete, nelle TV e nei vari notiziari e talk show, era evidente l’entusiasmo per una specie di sintesi trovata tra Governo e sindacati sull’APE e sulla flessibilità in uscita. L’entusiasmo però sembra durato poco, prima di tutto perché non è con l’APE che si risolvono tutte le problematiche del sistema previdenziale e poi perché la pesantezza della Legge Fornero non viene minimamente detonata. Un intervento a “Radio Anch’io” del Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso è stato molto chiaro nel definire l’intesa ancora lontana dall’essere stata trovata.
Inoltre, molti lavoratori che si aspettavano interventi ad hoc per le loro prerogative, non hanno trovato notizie positive al termine della giornata di ieri.
La Camusso non ci sta e smorza i facili entusiasmi
I sorrisi di ieri sera, come quello del Ministro Padoan nella trasmissione “Porta a Porta”, sembravano confermare come la strada intrapresa dal Governo, di comune accordo con i sindacati, fosse ormai in discesa per quanto riguarda il capitolo previdenziale. L’APE sembrava ormai una cosa pronta e dal punto di vista tecnico ci si era lasciati con l’ormai famoso meccanismo del prestito bancario, assicurato e da restituire una volta andati in pensione. Per i soggetti che nel 2017 compiranno almeno 63 anni, secondo l’APE, si potrà lasciare il lavoro quando lo si vorrà, in presenza di almeno 20 anni di contributi.
Poi una volta raggiunti i 66 anni e 7 mesi che secondo la Legge Fornero sono quelli necessari per la pensione di vecchiaia, si restituiranno i soldi presi in anticipo.
Confermate le detrazioni fiscali che renderanno praticamente gratuita la misura ai disoccupati, ai bisognosi di tutela e per coloro che percepiranno fino a 1.200 euro di pensione netta.
Per chi invece opta per l’APE di sua spontanea volontà, o meglio, senza essere spinto da problematiche e disagi vari, il prestito diventerà un taglio di assegno. La sperimentazione durerà un paio di anni e coprirà quindi i nati tra il 1951 ed il 1954. Per chi uscirà con un anno di anticipo, il taglio di assegno per le spese sarà tra i 50 ed i 60 euro al mese per 20 anni.
Per coloro che scelgono l’anticipo massimo le cifre della penalizzazione salgono a 150/200 euro, sempre al mese e sempre per 20 anni. La Camusso, ha ribadito come non è chiaro ancora che cifre saranno a disposizione per la manovra. Dare per scontato l’accordo senza sapere che si metterà nel piatto è un esercizio di pura fantasia. Inoltre, per i precoci per esempio, non si può fargli rincorrere la pensione in eterno. Torto non ha, perché un soggetto di 60 anni con 40 anni di contributi, o con l’APE o senza, dovrà attendere ancora 3 anni.
Il calo della capacità di spesa dei pensionati
Le disuguaglianza sociali sono un argomento che nella discussione previdenziale non sembrano rientrare, nonostante le idee di aumentare le Pensioni basse con le quattordicesime estese.
Il 14 settembre è previsto un incontro con i pensionati da lavoro autonomo, ex artigiani, commercianti e così via, guidati dal Cupla, il Coordinamento di questi ex lavoratori che è composto da tutte le sigle più importanti del settore, dalla CNA a Confesercenti per citarne un paio. Loro rivendicano l’estensione dl bonus di 80 euro a tutti i pensionati, anche quelli da lavoro dipendente. Nell'incontro con il Ministro Poletti peroreranno la perdita di potere di acquisto delle pensioni medio-basse. Tra mancata perequazione e tassazione, le pensioni hanno perso reddito. Il Governo su questo pensa all’estensione della no tax area fino ad oltre 8mila euro o ad estendere a pensioni fino a 1.000 euro la quattordicesima.
Soluzioni tampone che non risolvono l’impoverimento dei pensionati. Inoltre ieri, di queste soluzioni si è avuto solo un accenno, perché tutto è stato rimandato alle cifre da stanziare. Ecco perché accordi e mediazioni non sono affatto scontate.