Tutti gli avvocati nell’espletamento del mandato professionale hanno un obbligo di rispettare quei doveri deontologici, in primis quelli di lealtà e correttezza sia verso la parte assistita, che verso la controparte e il suo avvocato. Il raggiungimento dei propri obiettivi infatti non può mai avvenire mediante un abuso e un uso illecito degli strumenti processuali.
Ecco quindi che il legale deve comportarsi in giudizio con lealtà e proibito innanzitutto verso il collega, nel rispetto del rapporto di colleganza (art 19 cod. deont.). Altrimenti può scattare un illecito disciplinare che si realizza quando il Consiglio dell’ordine forense sanziona appunto l’avvocato scorretto tramite l’avvio di un procedimento.
La pretesa punitiva che ha natura di diritto soggettivo potestativo, si prescrive nel termine di 5 anni
Illecito riaprire il verbale d'udienza all'insaputa del collega
Proprio in questi giorni il CNF con una sentenza pubblicata di recente sul proprio sito ha ritenuto illecita la condotta dell'avvocato che, dopo essere arrivato in ritardo all'udienza rinviata, ha chiesto la riapertura del verbale dal giudice. Egli ha quindi ha richiesto che il giudice trattenesse la causa in decisione con assegnazione dei termini per il deposito delle conclusionali e repliche, senza informare il collega di controparte. Il CFN comminava quindi la sanzione disciplinare della censura nei confronti di quello che aveva riaperto il verbale, che ricorreva avverso il provvedimento disciplinare al CNF.
Il CNF ha però disposto che i doveri di lealtà e correttezza richiedono una condotta rispettosa delle regole, di buona condotta e processuali. L’avvocato con la propria condotta non deve mai superare i limiti imposti dalla norma deontologica. Il CNF ha di conseguenza confermato la sanzione della censura per l'omessa informazione al collega, sulla scorta del fatto che benché il giudice abbia il potere di riaprire il verbale di udienza, su istanza delle parte, tale potere presuppone la presenza del difensore di controparte, pena la nullità dello stesso.
Ciò in virtù del rispetto del contraddittorio e dell’esigenza di assicurare il diritto di difesa delle parti nel processo e il principio buon governo dell’udienza. L’avvocato infatti assolve anche una funzione sociale nei confronti della collettività in ossequio al corretto esercizio della giurisdizione.
E' un obbligo del dominus pagare il domiciliatario
Il CNF con un’altra recente sentenza è tornato a statuire sulla questione del compenso dovuto al domiciliatario, ribadendo l'obbligo da parte del dominus di soddisfare le prestazioni professionali affidate ad un altro collega se non vi adempia l’assistito. La vicenda ha avuto come protagonista un legale che dopo il mandato dal proprio assistito, aveva nominato una corrispondente di un un altro foro. Dopo la sentenza favorevole con condanna alle spese, si è "dimenticato" di pagare le competenze della domiciliataria stessa pur avendo ottenuto il soddisfacimento completo delle proprie spettanze in virtù del dispositivo della sentenza stessa.Il CNF ha dunque confermato quanto deciso dal Consiglio territoriale sulla responsabilità deontologica dell'avvocato per non aver retribuito la domiciliataria, ciò in violazione degli art.
30 e 22 c.d.f. Egli infatti ha posto un comportamento sleale e scorretto nei confronti della collega con l'omissione di ogni informativa sull'intervenuta cessione di credito, non assensi neppure attivato perché il proprio assistito adempisse.