Sembra finalmente in dirittura di arrivo la questione del rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici. Uno dei debiti più gravosi e più urgenti per il Governo è sempre il rinnovo del contratto per lavoratori a cui lo stipendio da oltre 7 anni è rimasto fermo, senza perequazione e senza aumenti. La famosa sentenza della Corte Costituzionale che decretò come incostituzionale il blocco voluto dalla Fornero con Decreto “Salva Italia”, adesso probabilmente sarà messa in atto. A più di un anno dalla pronuncia della Consulta, adesso i lavoratori potranno vedere soddisfatte le loro richieste, anche se le posizioni tra sindacati e ARAN sono ancora distanti.

Differenze tra lavoratori e Governo

Il Ministro Madia ha incaricato l’ARAN di discutere con i rappresentanti sindacali le cifre del rinnovo. Il punto di partenza sono sempre i 300 milioni di euro stanziati nella scorsa Legge di Stabilità e che sono ancora fermi al palo proprio per assenza di accordo tra le parti in causa. La cifra messa a bilancio dal Governo lo scorso anno è esigua per quello che giustamente chiedono i lavoratori. Per 7 anni lo stipendio è rimasto fermo non adeguandosi alla sopraggiunta inflazione e secondo i sindacati, l’ammanco dalla tasche dei lavoratori è di parecchie migliaia di euro. Ecco che accettare aumenti di poche decine di euro, quelli che toccherebbero ad ogni lavoratore dividendo i 300 milioni tra gli oltre 3 milioni di lavoratori del settore, fin dal primo momento è stato ritenuto inaccettabile.

Adesso che si avvicina la nuova Legge di Stabilità, che per l’occasione sarà ribattezzata Legge di Bilancio, il Governo appare intenzionato a rimpinguare le cifre. Infatti sembra che l’Esecutivo metterà nel piatto altri 600 milioni da aggiungere ai 300 già stanziati. Per i sindacati questa cifra basterà? Il momento sembra di quelli opportuni per rivendicare le proprie posizioni perché con l’avvicinarsi di quell’altra scadenza che sta tanto a cuore al Premier, il referendum del 4 dicembre, il Governo non può permettersi di farsi nemici i sindacati del Pubblico Impiego con tutti i loro lavoratori.

La posizione del Governo

Sono 900 milioni di euro la panacea dell’Esecutivo all'annosa questione contratto statali. Il nodo da sciogliere per far si che anche i lavoratori siano soddisfatti è la modalità di spartizione dello stanziamento. Da mesi si è entrati nell’ottica di dividere i soldi in base al merito ed al reddito dei lavoratori.

Soldi da dividere quindi tra pochi eletti, cioè tra i dipendenti meno abbienti dal punto di vista reddituale (con stipendio più basso?) e quelli che sono giudicati (ma da chi?) più meritevoli. Il meccanismo lascerebbe a bocca asciutta una buona fetta di lavoratori e questo sarà sicuramente un ostacolo all’accordo. La Consulta infatti non ha segnalato distinzioni tra i lavoratori a cui lo stipendio è stato illegittimamente stoppato. Il rischio che si faccia un’altra operazione a rischio incostituzionalità, che quindi rischia ulteriori strascichi giudiziari è molto alto.

Inoltre, c’è la questione temporale, cioè da quando far partire lo sblocco del contratto. Per i sindacati, l’aumento se deve essere dato, deve partire dal giorno in cui la sentenza è diventata esecutiva, cioè dal luglio 2015.

L’Esecutivo invece, alla consueta ricerca di risparmiare soldi, mira a far partire il nuovo contratto dal 1° gennaio 2016. Un altro aspetto da sottolineare è la portata dell’operazione a cui pensa il Governo, ciò la validità di quanto stanziato. Come per le pensioni, anche per la questione statali, si pensa ad un piano triennale, cioè i 900 milioni saranno divisi fino al 2019. In pratica per il 2017 si spenderanno 600 milioni (i vecchi 300 più in nuovi). Obiettivo dell’Esecutivo quindi ridurre la platea dei beneficiari, prevedendo aumenti di una quarantina di euro al mese cadauno, e spostando in avanti nel tempo il problema.