C’era una volta la pensione di anzianità, quella che si percepiva una volta raggiunti i 40 anni di contributi e senza limiti di età. L’istituto dell’anzianità venne cancellato dalla riforma Fornero che creò una nuova definizione per la pensione rapportata alla lunghezza della storia lavorativa dei lavoratori. Dal 2012 infatti, si chiama pensione anticipata e rispetto alla vecchia versione della pensione di anzianità, sono cambiati, in peggio, i requisiti. Il numero dei contributi necessari per l’accesso è salito a 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) e dal 2019, sembra salirà oltre i 43 anni.

Al Governo ed alla nuova Legge di Bilancio che da pochi giorni ha superato il definitivo passaggio in Senato, diventando definitiva ed in vigore dal prossimo anno, il mondo del lavoro chiedeva flessibilità in uscita e sconti sui requisiti di uscita.

La Legge di Bilancio e cosa è stato fatto

In attesa che la manovra finanziaria venga pubblicata come di consueto sulla Gazzetta Ufficiale e soprattutto che ad anno nuovo, inizino i decreti attuativi che faranno partire tutti i provvedimenti in essa inseriti, il pacchetto previdenziale ha diverse novità per i lavoratori. L’eredità della riforma Fornero è ancora viva e vegeta non essendo stata intaccata dalla nuova finanziaria. La crisi globale durante gli anni del Governo Monti e l’impatto dell’aspettativa di vita sulle Pensioni ha via via innalzato le soglie per la pensione.

La pensione anticipata oggi si percepisce a 42 anni e 10 mesi di contributi versati se uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, senza limiti anagrafici e resterà così anche nel 2017. La Legge di Bilancio ha introdotto la Quota 41, cioè l’uscita in anticipo per i lavoratori precoci, ma non tutti. Una misura questa, molto contestata soprattutto per la sua natura assistenziale piuttosto che previdenziale.

Il lavoratore precoce per definizione è colui che ha iniziato a lavorare molto presto, di norma prima del compimento della maggiore età, quindi prima dei 18 anni. Quota 41 licenziata dal Governo non si applica alla totalità dei lavoratori precoci come i gruppi ed i comitati dei lavoratori rivendicano da tempo. Nonostante la giovanissima età a partire dalla quale hanno iniziato a versare contributi, per questi lavoratori, 41 anni non bastano secondo la normativa attuale.

Lo scivolo è previsto per il prossimo anno è appannaggio di disoccupati, invalidi, con invalidi a carico o alle prese con attività gravose.

Diverse vie per evitare i 42 e 10 mesi

Quota 41 quindi è consentita ai disoccupati che da 3 mesi hanno terminato di percepire gli ammortizzatori sociali. Sono coperti gli invalidi con almeno il 74% di invalidità e chi rientra tra le 11 attività gravose stabilite dal Governo, con maestre di asilo, infermieri delle sale operatorie ed edili in prima fila. Per tutti questi lavoratori alle prese con attività logoranti, necessaria la continuità di lavoro negli ultimi 6 anni prima di presentare richiesta di pensione. Per alcune donne la manovra ha prodotto l’estensione di opzione donna, cioè la pensione anticipata con 35 anni contributi e 57 di età.

Potranno lasciare il lavoro le donne che hanno raggiunto i 35 di contributi entro il 31 dicembre 2015 e che hanno compiuto 57 anni e 7 mesi di età entro il 31 luglio 2016. Il tutto però accettando la pensione calcolata con il sistema contributivo, più penalizzante come importi di pensione, nonostante parte dei contributi versati ricadano nel retributivo o nel misto. Resta sempre in piedi l’uscita a 61 anni e 7 mesi per chi svolge lavori usuranti o notturni così come previsti dall’INPS. La nuova Legge di Stabilità ha cancellato per questi il meccanismo delle finestre mobili che posticipavano la decorrenza della pensione di 12 o 18 mesi rispetto alla data in cui si raggiungevano i requisiti. Per questi quindi presentando richiesta di accesso alla pensione anticipata per usuranti e poi presentando domanda