La Legge 104 del 1992 è probabilmente uno dei testi normativi più discussi degli ultimi dieci anni.

Il riferimento legislativo "per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate" ha come obiettivo principale quello della tutela delle personi disabili, i quali, proprio per la condizione in cui si trovano, hanno diritto ad essere assistiti dai propri familiari. Questo dunque, come normale conseguenza logica, comporta l'estensione di determinate agevolazioni anche, e soprattutto, alle persone che vivono con loro su cui, quindi, ricade la responsabilità dell'assistenza.

E proprio a queste persone si rivolge la sentenza n. 213/2016 della Corte Costituzionale, la quale ha esteso ai conviventi delle persone affette da disabilità i beneficifi riconosciuti dalla Legge 104/92. La vera svolta segnata da questa sentenza è rappresentata dal fatto che, adesso, i permessi dal lavoro non saranno più limitati ai coniugi e ai parenti fino al secondo grado, ma saranno estesi anche ai partner/conviventi non sposati dei disabili.

La Consulta è giunta a questa conclusione partendo dal principio secondo il quale: " il diritto alla salute psico-fisica di ogni cittadino con handicap va garantito e tutelato sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale"; di conseguenza è da considerare incostituzionale il precetto che limita la fruizione dei permessi e il riconoscimento delle agevolazioni ai soli parenti fino al secondo grado e ai coniugi sposati alla persona handicappata.

Non è possibile, è stato aggiunto poi nella stessa sentenza, che la persona convinvente e non sposata non sia stata ancora considerata legittima nella fruizioni dei permessi mensili che, invece, spettano di diritto ad un parente o ad un coniuge che, al contrario di essa, ha contratto matrimonio.

Nell'esprimersi la Corte Costituzionale è stata categorica e non ha lasciato spazio a nessuna libera interpretazione futura.

Qualora infatti un soggetto (per esempio un datore di lavoro) agisca non tenendo conto di questo parere, deve essere consapevole del fatto che sta agendo contro un dettame costituzionale, violando, in particolare, gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.