Oggi 21 febbraio, si riapre il tavolo della trattativa tra Governo e sindacati in materia previdenziale. In agenda, i decreti attuativi di APE e quota 41, qualche chiarimento sul cumulo gratuito e l’avvio della cosiddetta fase 2, quella che punta a riformare il sistema previdenziale per le generazioni future, quelle che saranno inevitabilmente penalizzate dal sistema contributivo. Correttivi alle novità introdotte in Legge di Bilancio sono possibili, anche se vista la ristrettezza dei tempi (i decreti attuativi devono essere varati entro il 2 marzo),parlare di possibilità è esercizio azzardato, essendo più nel campo della speranza.

Da tempo però, c’è un altro argomento che sta a cuore a molti e riguarda la pensione anticipata con la deroga Fornero, cioè con uno scivolo che la dura riforma del Governo Monti ha lasciato a disposizione di qualcuno. Se ne parlerà oggi nell’incontro? Il dubbio resta, con il Presidente della Commissione Lavoro, Cesare Damiano che da tempo spinge per estendere la platea di soggetti a cui rendere fruibile la misura.

Come funziona lo scivolo

La misura definita “Deroga Fornero” riguarda per l’anno 2017, i nati nel 1952, l’ultima generazione a cui potrà essere concessa per via dell’età anagrafica. Infatti, dal 2018, conti alla mano, la deroga non dovrebbe essere più necessaria perché come vedremo, il meccanismo della misura prevedeva l’aver compiuto 60 anni di età nel 2012 e nel 2018, questi individui avranno 66 anni e rientreranno nella classica pensione di vecchiaia, senza bisogno di scivoli.

La Fornero lasciò in piedi questa deroga per ovviare alla penalizzazione a cui sarebbero andate incontro persone che avevano già raggiunto quota 96, cumulando l’età anagrafica (60 o 61 anni) e i contributi versati (35 o 36 anni). Chiunque avesse raggiunto la quota 96, calcolata anche con le frazioni di anno, avrebbe potuto lasciare il lavoro a 64 anni.

Nel 2017, questa opportunità è concessa ai nati nel 1952 che entro fine 2012, avevano 60 anni di età e 35 di contributi, sempre centrando quota 96.

Paletti e limiti che richiedono l’ampliamento

La Legge di Bilancio ha eliminato un paletto che rendeva la misura difficile da centrare. Si tratta della continuità lavorativa al 28 dicembre 2011.

In pratica, bisognava non aver perso il lavoro e risultare ingaggiati a quella data per poter usufruire di questo scivolo. L’Inps su questo punto ha respinto numerose istanze e impedito a molti di andare in pensione, fino all’intervento del Governo che ha cancellato questo vincolo. Pertanto, anche chi a quella data era disoccupato, poteva andare in pensione. Paletti e vincoli stringenti sono ancora presenti e ne minano la fruibilità. Ecco perché Damiano spinge per eliminare diversi vincoli e probabilmente, l’argomento finirà sul tavolo della discussione di oggi. Va eliminato il vincolo che nei 35 anni di contributi necessari, non possono essere inseriti quelli figurativi. Un paletto difficile da digerire per molti lavoratori che hanno contributi per servizio militare, riscatti o maternità. Infine, potrebbe essere abbassato il vincolo dei 20 anni di contributi per le lavoratrici donne, riducendoli ai 15 necessari per la deroga Amato.