Il Presidente del Consiglio ha firmato il primo decreto relativo alle novità previdenziali della Legge di Bilancio, quello sull’APE sociale. Adesso dovrebbero uscire quelli di Quota 41 ed APE volontario. Novità importanti ma che non bastano a superare gli inasprimenti in termini di requisiti di accesso alla pensione, introdotti dalla famigerata riforma Fornero. Ecco perché per molti serviva una controriforma più profonda, perché le nuove misure, anche se avvantaggiano qualcuno, servono a poco. Vediamo come si centra la pensione oggi, alla luce delle novità e come si centrava prima dell’avvento del Governo Monti.
Pensione di vecchiaia
La pensione di vecchiaia è quella a cui si riferisce l’APE volontario ed in parte, l’APE sociale. Oggi la pensione di vecchiaia si centra con 66 anni e 7 mesi di età per gli uomini e 65 anni e 7 mesi di età per le donne. Dal 2018 è già prevista la cancellazione dello sconto di un anno per le lavoratrici. Per gli anni successivi, l’età salirà in base alla speranza di vita, quindi 66 anni ed 11 mesi per 2019 e 2020, 67 anni e 2 mesi per il biennio successivo e di 3 mesi a biennio per gli anni futuri. I contributi necessari per la pensione sono sempre 20 anni di versamenti. Con l’APE, in entrambe le versioni, l’uscita prevista sarà a partire dai 63 anni. Nella versione volontaria di anticipo, servono 20 anni di contributi (senza considerare i figurativi), ma la pensione è erogata da una banca alla quale i soldi ricevuti, caricati di interessi e spese assicurative, devono essere restituiti una volta raggiunti i 66 anni e 7 mesi di età.
Rate mensili sulla pensione futura e per 20 anni, questo l’ammontare del debito che si va a maturare optando per l’APE. Con la versione sociale, i contributi salgono a 30 anni se il richiedente è disoccupato di lunga data, invalido con riduzione della capacità lavorativa del 74% o con invalidi a carico. Ne servono 36 per i soggetti che rientrano nei nuovi lavori gravosi.
L’APE sociale non prevede indebitamento, con l’anticipo coperto dallo Stato. La pensione massima erogabile è di 1.500 euro, in 12 mensilità non reversibili e non rivalutabile. Prima della Fornero, la pensione di vecchiaia si centrava sempre con 20 anni di contributi versati, ma a 65 anni se uomini, 60 per le donne lavoratrici del settore privato e 61 per le statali.
Pensione anticipata
Quota 41 così come è stata approntata in manovra di Bilancio verrà concessa alle stesse categorie a cui si rivolge l’APE sociale, quindi disagiati e soggetti in difficoltà. Servono 41 anni di contributi effettivi, senza considerare quelli figurativi. Di questi 41, almeno uno deve essere stato versato prima dei 19 anni di età. Uno sconto rispetto alla pensione di anzianità, o meglio pensione anticipata come è stata ribattezzata proprio dalla Fornero. Oggi, si va in pensione anticipata se si raggiungono 42 anni e 10 mesi di contributi versati, senza limiti di età. Per le donne vale sempre lo sconto di un anno, cioè 41 anni e 10 mesi. Anche in questo caso sono previsti aumenti relativi alla stima di vita che allontaneranno sempre di più i requisiti da raggiungere.
Prima della Fornero, cioè fino al 2011, la pensione di anzianità si centrava con 40 anni di versamenti senza limiti anagrafici. Vale la pena ricordare che rispetto ad APE e quota 41, la pensione di vecchiaia o quella anticipata, prevedono come validi anche i contributi figurativi. Prima della Fornero inoltre, vigeva la pensione con le quote, che permetteva a soggetti che raggiungevano quota 96, cioè 60 anni e 36 di contributi, oppure 61 anni e 35 di contributi, di lasciare il lavoro prima. Alcune deroghe agli inasprimenti della Legge Fornero sono ancora in vigore, come funziona oggi per opzione donna, le salvaguardie esodati, il salvacondotto e così via. Possibilità queste che sono piene di penalizzazioni di assegni, piene di vincoli e paletti che le rendono papabili per pochi soggetti.