Quota 41 è la misura che il pacchetto pensioni dell’ultima Legge di Bilancio ha riservato ai lavoratori precoci. Il decreto attuativo che il Consiglio dei Ministri ha approvato lunedì 22 maggio ha reso ufficiale la misura con requisiti, scadenze e tutto il resto. Una misura molto contestata per via degli innumerevoli requisiti che ne riducono il perimetro di applicazione. Nel leggere il testo del decreto, che presto finirà in Gazzetta Ufficiale, ci sono alcuni punti che vanno chiariti, per chi crede di poter accedere alla misura quest’anno o negli anni futuri.
La misura
Quota 41, a differenza della misura parallela dell’Ape sociale, anch’essa oggetto di un decreto attuativo approvato lo stesso giorno, sarà una misura strutturale. Ciò significa che mentre per l’Ape sociale, oggi parte una sperimentazione per verificare la bontà della misura e per valutare un suo ingresso in pianta stabile tra le misure previdenziali nostrane, per quota 41 nessuna scadenza o valutazione ne influenzerà la conferma per gli anni successivi. In pratica, ad alcuni lavoratori che raggiungono 41 anni di contributi versati, dei quali uno prima dei 19 anni, sarà consentito lasciare il lavoro senza attendere di arrivare ai 42 anni e 10 mesi previsti dalla riforma Fornero per la pensione anticipata.
Resta confermato che per le donne, nel 2017, per la pensione anticipata Fornero, servono 41 anni e 10 mesi. In pratica, per gli uomini, quota 41 significa anticipare l’uscita di un anno e 10 mesi, mentre per le donne solo di 10 mesi. Dicevamo, alcuni lavoratori, perché il requisito contributivo non basta per tutti, in quanto la misura è appannaggio di soggetti disoccupati che da 3 mesi abbiano terminato di percepire gli ammortizzatori sociali loro destinati, gli invalidi o con parenti di primo grado invalidi a carico, con il 74% di disabilità minima accertata e i lavori gravosi.
I contributi
Come dicevamo, la soglia da raggiungere è 41 anni e dal decreto nessun accenno a contribuzione figurativa. Pertanto, resta invariato il paletto che vuole utili al calcolo solo i contributi effettivi e non quelli derivanti da eventuali maternità, servizio militare e così via. Una buona novella però è la validità anche per quota 41 del cumulo gratuito che poi è un’altra delle novità previdenziali inserite in Legge di Bilancio.
In pratica, tutti coloro che hanno carriere discontinue e che hanno contributi sparsi in più casse della previdenza obbligatoria, potranno sommarli per raggiungere i 41 anni necessari. Quindi, validi i contributi versati all’assicurazione obbligatoria Inps, quelli versati presso le forme sostitutive ed esclusive dell’Inps, presso la gestione separata sempre Inps, ma anche presso le gestioni previdenziali dei liberi professionisti. Lo stesso sarà per l’Ape sociale e per la ricerca dei 30 o 36 anni di contributi utili a seconda che si rientri tra disoccupati ed invalidi oppure tra le 11 categorie di lavori gravosi. L’unica differenza saranno i versamenti nelle casse dei liberi professionisti, per esempio, l’Enasarco, che per l’Ape sociale non saranno considerati come utili.
Dal 2019, 41 anni non basteranno più?
Il decreto conferma anche il legame della misura con l’aspettativa di vita. I dati annuali Istat che mettono in luce la stima di vita degli italiani, come per le altre tipologie di pensioni, influiranno anche sulla quota 41. Entro fine 2017, l’Istat uscirà con i nuovi dati sulla vita media degli italiani e gli effetti ai fini pensionistici si avranno dal 1° gennaio 2019. In pratica, per i precoci che arriveranno a 41 anni di contributi proprio a partire dal 1° gennaio 2019, si chiederà di aggiungere altri mesi alla soglia dei contributi necessari. L’ipotesi negativa di cui si parla da tempo è che ne serviranno tra i 4 ed i 5 in più. In pratica, ai precoci del 2019, serviranno 41 anni e 4 mesi per accedere alla misura, anche se a dire il vero, questa previsione sembra essere molto pessimistica perché, da indiscrezioni, pare che l’aumento della speranza di vita non sia così forte da giustificare un altrettanto forte aumento di requisiti. Resta comunque un fardello sulle future pensioni questa stima di vita che molti vorrebbero eliminare dalle misure previdenziali.