Mentre migliaia di lavoratori si accingono a presentare domanda per accedere ai due benefici previdenziali concessi dalla Legge di Bilancio 2017 continuano le richieste da parte del Comitato Opzione Donna guidato da Orietta Armiliato su una misura che possa garantire una copertura previdenziale a migliaia di lavoratrici.

"Conseguentemente abbiamo costruito la nostra proposta di cucire, adoperando la stoffa utilizzata per l'Ape, un abito che potesse essere indossato con gradimento dalle donne", ha affermato la Armiliato sul gruppo Facebook dedicato alle lavoratrici.

Una frase metaforica che lascia intendere all'introduzione di un nuovo meccanismo legato all'anticipo pensionistico entrato già in vigore e studiato appositamente perle lavoratrici di sesso femminile.

Orietta Armiliato verso la nuova proposta

Si tratta del cosiddetto Ape donna, ovvero la possibilità per le lavoratrici di anticipare l'uscita beneficiando di un sussidio finanziato interamente dallo Stato. Visto il successo dell'Ape Social, infatti, il Comitato Opzione donna si è detto subito pronto a rilanciare una proposta che possa emulare tale meccanismo e concedere maggiore flessibilità alle donne che tuttora sono costrette a restare a lavoro nonostante siano in possesso dei requisiti per la pensione.

"Un meccanismo che non possa gravare e/o stravolgere gli equilibri economici del bilancio dello stato per quanto alla voce quiescenza anticipata", ha scritto ancora Orietta Armiliato sulla sua pagina Facebook.

Nessuna risposta all'emendamento di Rizzetto

Particolare delusione ha destato anche la mancanza di attenzione da parte del Governo Gentiloni verso l'emendamento presentato in Commissione Lavoro alla Camera dal deputato di Fratelli D'Italia Walter Rizzetto sul quale l'esecutivo non è riuscito a dare una risposta concreta.

Si tratta di un provvedimento che prevede una proroga del regime sperimentale donna oltre il 31 dicembre 2018 per dare la possibilità alle lavoratrici di anticipare l'uscita dall'attività lavorativa dopo la maturazione di almeno 57 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi effettivamente versati anche se dovranno accettare la condizione che il loro assegno venga calcolato secondo il metodo contributivo.

Resterà da attendere la Fase 2 del confronto fra Governo e sindacati visto che a margine del prossimo confronto si dovrà discutere anche sul riconoscimento ai fini previdenziali dei periodi di cura e assistenza prestati dalle donne durante la loro vita lavorativa.