Il capitolo previdenziale tornerà ad occupare gran parte dei lavori parlamentari, di Governo e sindacali non appena le vacanze estive termineranno. Ferragosto è passato ed ormai le ferie stanno terminando e quindi, i tempi iniziano ad essere maturi per riprendere i lavori sulle pensioni. La novità delle ultime ore riguarda l’Ape volontaria, il cui decreto attuativo, dopo molti mesi di attesa, sembra sia pronto per essere firmato dal Premier Gentiloni. Dopo il suo passaggio in Consiglio di Stato e dopo gli appunti mossi da quest’ultimo e le correzioni sopraggiunte, la misura è pronta per essere lanciata.

Adesso è più chiaro il funzionamento dell’Anticipo Pensionistico volontario e si può iniziare a valutarne la convenienza rispetto alle altre misure oggi vigenti.

Anticipo pensionistico vs opzione donna

Da mesi si fa un gran parlare del paragone tra opzione donna e Ape volontario ma come chiarito da Orietta Armiliato su Comitato Opzione Donna Social, siamo di fronte a due misure estremamente diverse. L’Ape volontaria prevede l’uscita a partire dai 63 anni mentre Opzione Donna consente di anticipare la quiescenza a 57 anni e 7 mesi. Per l’Ape servono almeno 20 anni di contributi mentre per lo scivolo donna ne servono 35. Allora perché paragonarle? Naturalmente per chi non ha 35 anni di contributi versati, inutile pensare all’opzione donna come eventualità per lasciare il lavoro prima.

Al contrario, se non ci si trova ad almeno 2 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia, cioè a 65 anni e 7 mesi come previsto oggi per le donne, inutile guardare all’Ape volontario.

Per tutte le fattispecie di situazione di mezzo invece, il paragone pende dalla parte dell’Ape, almeno per quello che dice la Armiliato. L’Ape volontaria è erogata in 12 mensilità, cioè senza tredicesima che invece è prevista per opzione donna.

Tutte e due vengono erogate direttamente dall’Inps, ma l’Ape è finanziata tramite un prestito bancario, assicurato e caricato di interessi. In pratica, per coloro che decidono di scegliere l’Ape volontaria, ci si trova a dover restituire mensilmente il finanziamento ricevuto per tutti gli anni di anticipo. Questa operazione, che andrà fatta a partire dal giorno in cui si percepirà la vera quiescenza di vecchiaia, durerà 20 anni e di fatto, sarà un taglio di assegno da mettere in conto.

Un taglio comunque detonato da una detrazione che permetterà di recuperare il 50% della parte di rata relativa ad interessi e spese assicurative. In attesa di capire cosa uscirà fuori dalle convenzioni tra banche e Governo in materia Ape, si ipotizza un taglio di assegni futuri intorno al 20/25%. Per opzione donna invece, bisogna sapere che la pensione erogata in regime è calcolata in toto con il contributivo e per alcune lavoratrici si tratta di una penalizzazione di assegno che può arrivare fino al 35%.

I pro ed i contro dell’anticipo

Se l’Ape sociale o la Quota 41 dedicata ai precoci, come dimostra l’ampio successo numerico delle prime adesioni, sono convenienti, diverso il discorso per quella volontaria.

Le due misure già attive sono dedicate a persone disagiate come disoccupati, invalidi, chi assiste invalidi e lavori gravosi. Persone che hanno trovato e troveranno in quota 41 ed Ape sociale, un modo per risolvere la loro condizione di disagio che altrimenti sarebbe irrisolvibile. Con la versione di Anticipo opzionale invece, sarà il lavoratore a dover scegliere se lasciare il lavoro o meno. Un anticipo di 3 anni e 7 mesi rispetto ai 66 e 7 previsti dalla pensione di vecchiaia oggi è uno sconto davvero importante. Senza considerare che la pensione è un prestito bancario, va sottolineato che essa è pagata senza tredicesima, non è reversibile e non è rivalutabile con il meccanismo della perequazione.

Inoltre, essendo calcolata in base ai contributi versati al momento della richiesta, la pensione futura sarà ridotta oltre che dalla rata di prestito, anche dal fatto che uscendo prima, i 3 anni e 7 mesi di anticipo saranno vuoti di contribuzione. Insomma, un vero e proprio rebus, che carta e calcolatrice rischiano di non risolvere.