Grande soddisfazione è stata espressa recentemente da una parte delle forze politiche per i recenti dati ISTAT sul lavoro aggiornati a giugno 2017 che mostrano un quadro della ripersa dell’occupazione senz’altro positivo: +0,1% di occupati in più rispetto a maggio (+23 mila) e il tasso di disoccupazione all’11,1% (-0,2%). Ma forse è presto per cantare vittoria, infatti dall'Europa arriva un dato che non permette di adagiarsi sugli allori.
I dati Eurofond
Il rapporto dell’agenzia europea Eurofound dà di quei dati una lettura diversa. In sostanza è vero che i posti di lavoro sono in aumento ma il dato preoccupante che emerge è che questi garantiscono salari più bassi rispetto ai vecchi posti persi.
Come dimostrato dagli autori questa è la situazione in cui si trova l’Italia all'interno dell'Europa: lo studio si è occupato infatti di analizzare i cambiamenti del mondo del lavoro e di come questo, in alcune zone, sia stato sostituito da occupazioni che non garantiscono più il livello di trattamento economico precedente.
Nel dossier si evince chiaramente che dalla seconda metà del 2011 fino a metà del 2016 l’Italia si è evoluta negativamente su due fronti del mercato del lavoro. Sono stati creati nuovi posti di lavoro ma questi riguardano gli impieghi più poveri, quelli col 20% in meno di retribuzione, ed i lavori che sono stati persi riguardano quelli della classe media e medio-alta. In poche parole le persone occupate sono di più ma sono occupate in lavori in cui guadagnano meno.
La nota positiva è che negli ultimi tre anni la perdita di posti di lavoro sembra perlomeno essersi arrestata. Dal 2011 al 2013 infatti si è assistito ad una diminuzione dell’occupazione in tutte le fasce di salario sia quelle più ricche che quelle più povere adesso, anche se assistiamo ad una timida ripresa, aumenta il divario tra chi guadagna tanto e chi poco e la classe media sta pian piano scomparendo.
Infatti nella fascia dei lavori con uno stipendio medio e medio-alto non c’è stata ancora la compensazione tra posti persi e posti creati.
La situazione in Europa
In Europa Ungheria, Irlanda e Olanda dal 2013 hanno subito la stessa sorte dell'Italia. La crescita del numero degli immigrati rappresenta in questo senso un fattore cruciale perchè chi ha perso il lavoro con paga medio e medio-alta di solito è chi è nato nel nostro paese, mentre l’80% dei nuovi posti a paga più bassa sono ad appannaggio degli stranieri.
Tra i paesi messi meglio ci sono Regno Unito, Germania e Polonia. Qui si è assistito ad un aumento dei posti sia in termini di quantità che in termini di qualità: “Le nazioni più popolose con aumenti significativi dell’occupazione, mostrano un chiaro percorso di miglioramento nella qualità del lavoro”, questo è quanto riporta lo studio.
E se anche Svezia e Portogallo sono sulla buona strada, mentre la situazione in Francia può dirsi più simile a quella italiana: nel nostro paese il mercato del lavoro è comunque messo peggio che nel resto d’Europa. In questa stima c’è anche da considerare che, dopo il periodo preso in esame dallo studio, la popolazione italiana è aumentata di quasi 1 milione mezzo di persone, quindi è inesatto dire che i posti di lavoro creati sono di più rispetto a quelli persi, perché l’analisi parte dal 2011 quando già molti italiani a causa della crisi del 2008 avevano perso il lavoro.
Prima di quella data infatti ben il 58,6% della popolazione era occupato.
In conclusione, rispetto agli altri paesi europei nella corsa alla ripresa sul fronte lavoro, l’Italia occupa gli ultimi tre posti del podio: è partita da una situazione peggiore, recupera più lentamente e i nuovi posti di lavoro creati sono economicamente più svantaggiosi rispetto a quelli persi.