Anche stavolta l’aggettivo più usato per il nuovo summit tra Governo e sindacati è decisivo. Una litania che si ripete ogni vigilia dei vari incontri tra le parti sociali e l’Esecutivo per decidere cosa fare della previdenza sociale italiana. Una cosa certa è che questo summit in agenda per oggi 18 novembre sarà decisivo solo se si troverà un accordo tra Governo e sindacati, altrimenti tutto resterà come appare oggi, con il Governo che può andare avanti per la sua strada, mettendo in atto quanto ha proposto lunedì scorso in un altro summit ed ai sindacati non resterà altro che la mobilitazione che peraltro è già stata largamente preannunciata dalla CGIL.

Ad oggi questa sembra l’ipotesi più probabile perché il Governo è fermo sulla proposta in 7 punti da 300 milioni messa nero su bianco ad inizio settimana e sembra che questa sia l’unica cosa che le casse dello Stato possono permettersi. Qualsiasi altra strada sarebbe economicamente insostenibile e quindi, non sarà possibile accettare le istanze che oggi i sindacati muoveranno all’Esecutivo. Vediamo il punto della situazione e cosa cambierà per la previdenza il prossimo anno.

Aspettativa di vita

Il nodo cruciale è sempre l’aspettativa di vita e la pensione a 67 anni che quel meccanismo porterà nel 2019. I sindacati chiedono il rinvio della decisione al 2018 ma su questo il Governo non sembra voler sentire ragioni.

L’aumento dell’età pensionabile che tradotto in termini economici, per il sistema previdenziale significa un discreto risparmio in termini di spesa pensionistica per i prossimi anni non lascia margine di manovra. Nelle previsioni di bilancio, negli accordi presi con Bruxelles e per i conti dello Stato nel medio lungo periodo, questo allontanare la pensione per gli italiani rappresentano un impegno già preso che difficilmente può essere disatteso.

In pratica il Governo (a dire il vero gli ultimi Governi a partire da quello Monti con la Legge Fornero) ha già messo in cassa, anche se a titolo di previsione quanto andrà a risparmiare dallo spostamento in avanti nel tempo delle Pensioni per gli italiani. A dare manforte all’Esecutivo in questa ottica ci sono istituzioni molto importanti che hanno avallato l’aumento immediato e senza rinvii.

Corte dei Conti, Ragioneria di Stato, Inps e Banca d’Italia sono tutti a favore dell’inasprimento, perché per tutti il rischio di implosione del sistema è troppo alto se si decidesse di bloccare questo antipatico meccanismo.

Cosa si farà?

La CGIL è ferma sulla sua decisione, perché secondo il sindacato della Camusso senza interventi sui giovani e senza detonare l’aspettativa di vita non ci potrà essere nessuna intesa. Come dire muro contro muro anche se UIL e CISL sembrano più disponibili a trattare. A dire il vero la UIL ha un suo particolare progetto, con proposte che però difficilmente verranno accettate perché per esempio, il nuovo meccanismo di calcolo dell’aspettativa di vita, che diventerà su base biennale e di biennio in biennio, anche se ha trovato posto nei 7 punti del Governo, partirà nel 2021, mentre la UIL lo vuole già dal 2019.

Così come l’estensione dell’Ape sociale anche dopo la sua scadenza del 2018 non è facile da far inserire in manovra. Provvedimenti questi che farebbero salire la spesa pensionistica nella Legge di Bilancio ben oltre i 300 milioni che conta di spendere l’Esecutivo. Gioco forza oggi il Governo chiederà l’accettazione da parte dei sindacati della proposta di lunedì scorso, magari lasciando la porta aperta a interventi in corso d’opera nel 2018, con provvedimenti ad hoc che esperienza vuole, sempre difficili da mettere in atto. Si andrà avanti seguendo la strada del Governo e si renderà meno amara la pillola con promesse di nuovi incontri e nuove trattative che però non dovrebbero scongiurare lo scendere in piazza da parte dei sindacati già nei primi giorni di dicembre.

L’aspettativa di vita porterà le pensioni a 67 anni e saranno salvaguardate le 11 categorie di lavori gravosi dell’Ape sociale più i marittimi, i pescatori, gli agricoli ed i siderurgici. Poi l’Ape sociale destinata a questi soggetti cambierebbe leggermente aspetto, con i contributi necessari che da 36 passerebbero a 30 e con la continuità in attività logorante che cambierebbe da 6 degli ultimi 7 anni a 7 degli ultimi 10. Interventi che secondo il Governo consentirebbero a 15mila soggetti (agricoli, edili e marittimi su tutti) di avere più facile accesso all’Ape sociale che nel frattempo verrebbe estesa anche alle altre 4 categorie citate prima. Anche su questo i numeri sono contrastanti con la CGIL che misura in appena 4mila e non 15mila i possibili beneficiari di questi correttivi.