Mentre monta ancora la discussione sul pacchetto pensione della Legge di Bilancio, con la Cgil in piazza ed il Governo che ha ricevuto l’ok di Palazzo Madama per la manovra finanziaria, superando l’ostacolo arduo del Senato, per il tema Pensioni ci sono gli eventuali aggiornamenti di importo per quelle già in essere. La perequazione o più comunemente, l’adeguamento delle pensioni al tasso di inflazione dovrebbe essere un meccanismo annuale. In pratica ogni anno le pensioni aumentano in modo tale da non far perdere loro potere di acquisto rispetto all’aumento inflattivo dei prezzi.

Aumenti che nel 2017 non ci sono stati perché l’ISTAT certificò in stallo il tasso di inflazione del 2016. Nel 2017 però, sempre l’Istituto di Statistica ha reso noto che l’inflazione è in aumento e pertanto, il Ministero dell’Economia prima e quello del Lavoro lo scorso 20 novembre hanno emanato un decreto che conferma l’aumento delle pensioni applicando il tasso provvisorio per il 2017 che sarà del 1,1%. A gennaio quindi le pensioni per gli italiani dovrebbero aumentare. Il condizionale però resta obbligatorio perché sulla testa dei pensionati pende la spada di Damocle dell’aumento previsionale concesso nel 2015 e che l’inflazione a zero del 2016 non ha confermato. In pratica, a gennaio probabile una trattenuta sulle pensioni per le cifre incassate in più nel 2015.

Vediamo la situazione nel dettaglio e cosa potrebbe succedere ai pensionati in base a quanto riporta un articolo del noto quotidiano “Il Sole24Ore” dello scorso 29 novembre.

L’inflazione diventa un problema per le pensioni

Ricapitolando, l’Istat ha chiuso i dati relativi all’inflazione del 2016 che ufficialmente è stata pari a zero.

Per il 2017 invece, anche se si tratta di dati di previsione, questa inflazione dovrebbe essere pari all’1,1%. Le pensioni quindi dovrebbero salire proprio dell’1,1% a partire da gennaio, sommando il tasso di inflazione definitivo del 2016 (zero) con quello previsionale 2017. Nel 2015 la stessa operazione portò l’Inps ad adeguare le pensioni al tasso di inflazione stimato per il 2016, aumentandole di importo anche nell’ottica di una inflazione crescente nel 2016.

Il fatto che l’inflazione nel 2016 non era aumentata ha creato un debito per i pensionati proprio in relazione alle cifre incassate in più e non spettanti. Le pensioni nel 2016 non salirono affatto proprio perché il tasso di inflazione era a zero e si prevedeva lo stesso trend per il 2017. Il recupero delle cifre non è stato fatto nel 2017 perché la scorsa manovra di Stabilità spostò questa eventualità al 2018. Adesso però, la situazione non potrà più essere procrastinata e pertanto a gennaio dovrebbero scattare i recuperi, con trattenute sulle pensioni stimate in 15/20 euro cadauna. Adesso cìè da valutare il meccanismo con cui prelevare i soldi in più concessi a questi pensionati, con un prelievo una tantum o con 4 rate da spalmare nei primi 4 mesi di pensione del 2018.

Ma allora aumenti o no?

Il meccanismo con cui si è stabilito di effettuare gli adeguamenti delle pensioni ogni anno è progressivo e deriva da un provvedimento del 2014. L’aumento dell’1,1% previsto per il 2018 sarà valido per intero solo alle pensioni più basse, quelle fino a tre volte il minimo e quindi con importi fino a 1.000 euro circa. Per una pensione così, appunto di 1.000 euro al mese, a gennaio potrebbero arrivare 1.011 euro. gli scaglioni poi proseguono con aumenti ridotti al 95% dell’1,1% previsto per quelle pari a 4 volte il minimo, al 75% per quelle fino a 5 volte il minimo e così via. All’aumento come dicevamo ci sarà da sottrarre il recupero degli arretrati. Questo per via della clausola di salvaguardia che nella scorsa manovra ha concesso di spostare al 2018 la risoluzione del problema perequazione del 2015.

Per evitare di ridurre gli assegni in pagamento nel 2017, che non sarebbero saliti perché inflazione pari a zero, si spostò il problema a quest’anno. Adesso visto che i Ministeri hanno decretato l’aumento delle pensioni, nulla ostacolerà il recupero delle somme indebitamente erogate nel 2015. Si corre il rischio così, di congelare per il secondo anno consecutivo le pensioni, perché tra aumenti previsti e rimborsi dovuti, gli assegni corrono il rischio di restare fermi ancora una volta a quelli erogati dall’Inps nel 2016.