Negli ultimi anni le pratiche messe in campo dalle società di recupero crediti nei confronti dei debitori hanno costretto il Governo ad intervenire. In pratica è nato un nuovo reato, quello di stalking bancario e come tale è perseguibile per legge. Dal punto di vista etico sembra un paradosso che qualcuno che avanza soldi da un suo debitore corra il rischio di essere denunciato. Sembra una lesione di un sacrosanto diritto, ma è altrettanto vero che spesso i soggetti debitori sono vittime di attacchi e persecuzioni che vanno al di la dell’etica professionale.

Ecco cosa prevede la normativa vigente e soprattutto come viene interpretata dalla nostra giurisprudenza come riporta un interessante articolo del sito “laleggeperutti.it”.

Società di recupero crediti

Aprire un finanziamento per l’acquisto di una autovettura o di un nuovo televisore, o semplicemente chiedere un prestito ad una banca sono fenomeni diffusissimi oggi soprattutto per la grande crisi economica e per le difficoltà che le famiglie hanno a tirare avanti. Chiedere le rate per un acquisto rende il contribuente debitore nei confronti di una società finanziaria piuttosto che una banca. Le difficoltà normative e di costi alle quali queste società devono sottostare nel caso in cui il debitore diventi moroso negli ultimi anni hanno fatto nascere una miriade di società di recupero crediti private, gli esattori o i “picchiatori” come vengono definiti da molti.

Infatti sovente il debito nei confronti della finanziaria X, viene ceduto ad una società di recupero crediti che di fatto acquista il credito a cifre relativamente più basse in modo tale da garantirsi un ritorno economico. Spesso questi esattori acquistano in blocco diversi crediti vantati da una finanziaria nei confronti di diversi debitori e pur di iniziare ad incassare le società di recupero offrono sconti, opzione saldo e stralcio o addirittura nuove rateizzazioni.

Per quest’ultimo aspetto offrono il pagamento tramite cambiale o assegni in alcuni casi postdatati e quindi non leciti. Il motivo è che i bollettini postali per un debito che non si è riusciti a pagare non sono titolo esecutivo e pertanto le società di recupero cercano di trasformare un credito difficilmente esigibile in uno con titoli esecutivi.

La stalking

Il nuovo reato va a colpire queste società nel momento in cui adottano le ormai famose azioni persecutorie. Telefonate a tutte le ore del giorno ed anche della notte e certe volte anche a vicini di casa, parenti o sul posto del lavoro. Si tratta di una evidente violazione della privacy qualsiasi azione che venga adottata nei confronti del debitore e che renda di dominio pubblico la sua situazione debitoria. È il caso di affissioni nella cassetta delle poste di eventuali avvisi di messa in mora o telefonare ad un vicino di casa per verificare se il debitore è ancora presente in casa sua, anche senza spiegare i motivi della telefonata. Sovente capita di vedere presentarsi a casa propria un dipendente della società di riscossione, ma in questo caso è chiaro che no essendo un pubblico ufficiale, il debitore può liberamente decidere di non aprire e non parlare con l’esattore.

Anche l’utilizzo di lettere e mail continue, magari in un format simile a quello dell’Agenzia delle Entrate e che le minacce di pignoramenti ed espropri sono da considerarsi azioni poco professionali e quindi suscettibili di sanzioni. Il concetto è chiaro e la legge lo stabilisce bene dal momento che anche i soggetti iscritti agli albi come autorizzati al recupero dei crediti devono mantenere un codice di comportamento che può essere riassunto in una serie di divieti. Il comportamento può essere deciso e fermo ma non deve sfociare mai in atteggiamenti petulanti e vessatori e soprattutto, le azioni intraprese devono essere avviate con assoluta discrezione e segretezza.