I lavoratori cosiddetti precoci sono quelli che hanno iniziato a lavorare in giovane età. In linea teorica si consideravano tali coloro che avevano iniziato a versare contributi prima della maggiore età. Nella legge di Stabilità del 2017, quella successiva al referendum Costituzionale che portò alle dimissioni dell’allora Premier Matteo Renzi ed alla sua sostituzione con Gentiloni, i lavoratori precoci sono entrati in una misura previdenziale chiamata Quota 41. In relazione a questa pensione anticipata con 41 anni di contributi i lavoratori precoci vengono considerati tali se hanno almeno un anno di contribuzione versata prima dei 19 anni di età, sia in continuità lavorativa che discontinui.

Anche la nuova manovra ha apportato sostanziali modifiche a quota 41 e l’Inps a fine febbraio ha emanato una circolare illustrativa sui contenuti vecchi e nuovi di questa misura.

Quota 41 ma non per tutti

Quando si parla di quota 41 il riferimento è ai comitati e gruppi che chiedono il via libera all’accesso alla misura per tutto l’universo dei lavoratori, senza distinzioni. Prima dell’avvento della Riforma Fornero (anno 2012) la pensione per i lavoratori precoci si centrava con 40 anni di contributi e questo molte volte significava pensione ben prima dei 60 anni di età. Dopo la Legge Biagi, il Governo Monti con la riforma targata Fornero ha inasprito sensibilmente questa possibilità, innalzando le pensioni anticipate slegate dai requisiti di età a 42 anni e 10 mesi per gli uomini ed a 41 e 10 mesi per le donne.

Dal prossimo 1° gennaio altri 5 mesi di aumento sono stati già ufficializzati per via dell’aumento della vita media degli italiani e dell’aspettativa di vita. Per il 2018 resta il beneficio della pensione con 41 anni di contributi ai precoci. Tale beneficio spetta ai precoci iscritti all'Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) ed alle sue forme sostitutive ed esclusive, ma contestualmente, in particolari condizioni di disagio.

Una misura tra il previdenziale e l’assistenziale che tante polemiche ha scatenato durante il suo iter approvativo.

A chi si rivolge

Come dicevamo per coloro che raggiungono i 41 anni di contributi nel 2018 le domande sono scadute il 1° marzo e lo stesso accadrà per coloro che raggiungeranno la soglia nel 2019 (domande entro 1° marzo 2019).

Questo, come spiega l’Inps nella circolare n°33/2018, non vuol dire che non si potranno più presentare domande per quanti non lo hanno ancora fatto nonostante chiudano il requisito dei contributi entro il 31 dicembre prossimo. Per quanti sono in ritardo per l’istanza, l’Inps accetterà comunque la domanda ma si entra nel circuito della disponibilità dei fondi che se insufficienti porteranno all’accoglimento delle istanze in ordine cronologico. Tornando alla misura in senso stretto, oltre all’anzianità di lavoro i requisiti necessari sono molteplici e sono stati aggiornati con la nuova manovra in vigore dal 1° gennaio. La misura è appannaggio di:

  • lavoratori che assistono da almeno sei mesi a partire (il conteggio parte a ritroso dalla data dell’istanza) il coniuge o un figlio disabile con grado di invalidità pari o superiore al 74%, cioè i caregivers. Dal 2018 il grado di parentela si estende anche a parenti si secondo grado ed affini. Questo a condizione che i genitori del parente o dell’affine siano over 70 o anch’essi disabili.
  • lavoratori che hanno una invalidità civile e quindi una riduzione della capacità di lavorare anche in questo caso di almeno il 74%.
  • lavoratori che svolgono attività e mansioni logoranti, cioè che rientrano nelle ormai famose 15 categorie di lavoro gravoso. L’attività deve essere svolta in 7 degli ultimi 10 anni di lavoro o negli ultimi 6 continuativamente. Dal 2018 le categorie di lavoro gravoso che erano 11 sono passate a 15 con i marittimi, i pescatori, i siderurgici e gli agricoli.